Ancora scoperte e invenzioni mirabolanti che promettono di risolvere il problema della plastica. Ora è la volta di un super-enzima, che scioglie il PET.

A partire dalla scoperta di insetti che mangiano plastica in una discarica giapponese, è stato ricavato un enzima che digerisce un tipo di plastica. Gli scienziati, a caccia di finanziamenti, la sparano grossa, ma i problemi non si risolvono così.

Circa un milione di bottiglie di plastica vengono vendute ogni minuto in tutto il mondo. Essendo solo il 14% di esse riciclato, molte finiscono negli oceani dove hanno inquinato anche le parti più remote, danneggiando la vita marina e potenzialmente la salute di noi che ne mangiamo i frutti.

Per questo motivo la preoccupazione è grande e sono centinaia i processi per degradare o riciclare la plastica: dalle macchine (anche domestiche) che la trasformano in combustibile liquido (vedi La macchina domestica che trasforma la plastica in petrolio), agli estrusori (anche domestici, vedi
Riciclare plastica fai-da-te), dalle finestre raffrescanti (vedi Dalle bottiglie di plastica a un fantastico condizionatore fai da te), alle larve che la distruggono (vedi Larve mangia plastica scoperte da scienziati italiani), dalle case in Africa (vedi Nigeria: case fatte di bottiglie di plastica), alle coperte o le magliette in pile.

Ciascuno di questi processi è sempre stato riportato da una stampa un po' frescona come la soluzione, sottovalutando come il problema non sia che cosa fare della plastica usata, ma come raccogliere e selezionare quella dispersa nel pianeta.

Oggi, alla pletora di soluzioni, se ne aggiunge una basata su enzimi mutanti. Tutto nasce dalla scoperta nel 2016 del primo batterio che si era evoluto naturalmente per mangiare la plastica, in una discarica di rifiuti in Giappone. Dopo pochi mesi di lavoro, i ricercatori hanno in mano la struttura molecolare dell'enzima cruciale prodotto dal batterio.

La squadra ha modificato l'enzima, rendendolo più efficace nel rompere la plastica PET (polietilene tereftalato) utilizzata per le bottiglie di bibite. L'enzima mutante impiegherebbe alcuni giorni per iniziare a decomporre la plastica, molto più velocemente dei secoli che impiega negli oceani. Ma i ricercatori sono ottimisti e sperano di riuscire ad accelerare il processo su larga scala.

Gli enzimi industriali sono ampiamente utilizzati, ad esempio, nel lavaggio di polveri e nella produzione di biocarburanti. Il rapporto, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, spiega come si è giunti alla creazione e al potenziamento dell'enzima: un intenso fascio di raggi X 10 miliardi di volte più luminoso del sole.

La prima domanda che ci facciamo è: "che senso ha decomporre il PET, una delle plastiche più riciclabili prodotte?" La risposta degli scienziati è nella maggiore efficienza e qualità della plastica secondaria ottenuta.

Attualmente riciclare il PET significa produrre plastica meno pregiata, opaca, adatta per fibre di abiti o tappeti. Il nuovo enzima potrebbe permettere di riciclare le bottiglie di plastica trasparente in bottiglie di plastica trasparente, il che potrebbe ridurre la necessità di produrre nuova plastica.

Fin qui tutto chiaro. Da qui in poi iniziano le iperboli e le celebrazioni. Celebrazioni abbastanza imbarazzanti come quando si afferma che la scoperta potrebbe ridurre la plastica nei mari. "Un giorno questi enzimi potrebbero essere spruzzati sulle enormi isole di plastica negli oceani per ripulirle."

Qualche voce dubbiosa per fortuna c'è: Adisa Azapagic, dell'Università di Manchester, ammette che l'enzima potrebbe essere utile, ma ha dichiarato: "Sarebbe necessaria una valutazione completa del ciclo di vita per garantire che la tecnologia non risolva un problema a scapito di altri, comprese eventuali emissioni aggiuntive di gas serra."

Come detto in Mozziconi per fare strade, "c'è la coda di genietti pronti a risolvere il problema della plastica, una volta che è stata raccolta e messa a loro a disposizione, nelle quantità e qualità desiderate. Ma la plastica continua a essere riversata negli oceani, perché il vero problema sono il costo della raccolta e la qualità del materiale raccolto."

Il problema è quindi economico: la plastica vergine costa meno di quella riciclata. Finché le cose staranno così, non troverete mai chi si sbatte per raccogliere quella usata. E un problema economico si può risolvere solo con strumenti economici. Vale a dire tassare la plastica vergine (Una tassa sulla plastica?) oppure agevolare con contributi la raccolta di quella usata. Risolto questo problema, potremo affrontare i problemi tecnici relativi al trattamento.

I maghetti con la soluzione miracolosa in tasca si mettano in coda.