Alcuni scienziati Frankenstein studiano modifiche genetiche alle piante per essere migliori nel catturare CO₂. Ulteriori minacce alla biodiversità.

Al posto delle foreste, alcuni scienziati affidano la cattura del carbonio all'ingegneria genetica. Davvero stiamo toccando il fondo.

Non è sufficiente per gli esseri umani convincere la capoccia a rilasciare meno anidride carbonica nell'atmosfera. Per affrontare i cambiamenti climatici, molti esperti affermano che contemporaneamente dovremmo trovare un modo per rimuovere alcune delle emissioni che già inquinano la nostra aria.

Questo è il motivo che spinge molti tecnici su soluzioni meccaniche per la cattura e lo stoccaggio del carbonio sotto terra, un'applicazione teoricamente virtuosa, ma che paradossalmente è usata in modo strumentale proprio dai sostenitori dell'energia fossile (vedi Cattura & stoccaggio della CO₂ in Cina).

A queste tecniche, era logico si dovessero aggiungere anche le modifiche genetiche alle piante, che costituiscono (le piante naturali) a oggi il miglior sistema per rimuovere la CO₂ dall'atmosfera.

I ricercatori dell'Iniziativa Harnessing Plants del Salk Institute stanno adottando un approccio biologico, cercando modi per ottimizzare la capacità naturale delle piante di catturare e immagazzinare carbonio. Hanno appena scoperto un gene che potrebbe essere un punto di svolta.

Le piante catturano naturalmente il carbonio dal loro ambiente e lo immagazzinano sottoterra nei loro sistemi radicali: più profondo e robusto è il sistema di radici, più stabile è lo stoccaggio.

In un nuovo studio pubblicato sulla rivista Cell, gli scienziati di Salk descrivono in dettaglio la loro scoperta: si tratta di un gene chiamato EXOCYST70A3, che determinerebbe la profondità con cui le radici della pianta Arabidopsis thaliana, volgarmente detta arabetta, crescono nel suolo.

Modificando il gene EXOCYST70A3, i ricercatori hanno scoperto che potrebbero indurre il sistema radicale della pianta a crescere più profondamente. Pare che tutte le piante contengano lo stesso gene o una sua variante.

"Siamo incredibilmente entusiasti di questa prima scoperta sulla strada per realizzare gli obiettivi della Harnessing Plants Initiative", ha detto il ricercatore Wolfgang Busch in un comunicato stampa. "Ridurre i livelli di CO₂ nell'atmosfera è una delle grandi sfide del nostro tempo ed è personalmente molto significativo per me lavorare verso una soluzione."

Queste baracconate scientifiche prefigurano una serie di monocolture di piante geneticamente modificate per catturare CO₂, violando uno dei principali fattori dell'equilibrio naturale: la biodiversità.

È noto che le foreste pluviali sono l'elemento di contrasto alla CO₂ più efficace, proprio perché sono un ecosistema biodiverso, e quindi equilibrato e stabile. E non richiedono pratiche agricole, diserbanti, concimi, pesticidi. Basta lasciarle stare.

Noi, invece, preferiamo distruggere le foreste pluviali, e privarci di questo meccanismo gratuito ed efficiente di cattura di CO₂, e nel mentre progettiamo monocolture di arabetta OGM per catturare l'anidride carbonica di cui la foresta, a causa nostra, non si può più occupare.