Brava Italia: riciclati il 40% dei rifiuti. Economia circolare sempre più diffusa in Italia: dai rifiuti nuove risorse.

I dati sul riciclo in Italia ci fanno capire che siamo un po' più avanti degli altri nella lunga strada verso l'economia circolare: altro che gli Stati Uniti e il Giappone.

Tra le tante applicazioni della cosiddetta economia circolare vi è l'idea di Mark Bowels, 48enne di San Diego, che nel 2008, in una discussione con un amico ebbe l'idea: pagare i consumatori che volevano dare i propri cellulari rotti per poterli ricondizionare, riciclare e poi rivendere.

Nonostante i cellulari fossero composti da materiali tossici, come litio, cadmio, mercurio, zinco e arsenico, solo il 3% dei dispositivi di tutto il mondo veniva riciclato.

E' per questo motivo che Mark decise di costituire appositi chioschi di riciclo in giro per gli USA, dotati di un sistema in grado di scansionare e valutare più di quattromila modelli e creare un preventivo per il cliente, che andava tra gli 1 e i 300 dollari, il quale poteva decidere se accettare o no.

Nacquero cosi le ecoAtm, bancomat del riciclo, che fino al 31 luglio 2014 hanno registrato un recupero pari a 250 tonnellate di dispositivi in tutta l'America, oltre a 30 tonnellate di rame (un quantità sufficiente per costruire un'altra statua della libertà) e 700 chili di argento (quantità ottimale per coniare 22.540 monete d'argento da un dollaro American Eagle).

Mark, forse però non sapeva che già nel 1798 la sua idea era già passata nella mente di Thomas Malthus, il quale pubblicò un saggio considerato tra le basi dell'economia circolare.

In seguito, nel 1931, Harold Hotelling che scrisse di "prodotti troppo economici sfruttati egoisticamente a un ritmo eccessivo, e realizzati e consumati in modo tale da generare molti sprechi." Qualcosa suona familiare. Oggi gli stessi sistemi, adottati da sempre nelle economie povere, sono applicati in pompa magna anche dai grandi dell'hi-tech come Apple.

L'economia basata sul prendere, produrre e buttare ha regnato per anni in tutti il mondo, ma il grande sviluppo economico è destinato ad entrare in contrasto con la disponibilità di risorse: un numero pari a 11 miliardi di tonnellate di rifiuti e un recupero pari al solo 25% e reinserito nel sistema produttivo.

Abbiamo già parlato del libro Circular Economy, dallo spreco al volore (edizioni Egea del 2016), che pretende di insegnare a noi italiani come si campa attraverso il riciclo.

E chi lo sa molto bene sono i cittadini di Capannori, un paese in provincia di Lucca che conta 46mila abitanti, i quali hanno aderito da molti anni alla strategia Rifiuti Zero con altri 223 paesi sparsi in tutta Italia, con un numero che supera i quattro milioni di abitanti coinvolti.
L'obiettivo è quello di portare la raccolta differenziata a più del 70%, oltre al riuso, alla riparazione degli scarti, il pagamento delle utenze sulla base della produzione effettiva dei rifiuti.

Purtroppo l'Italia, come spiega il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani, nell'immaginario collettivo è ancora il paese delle discariche, delle emergenze rifiuti e dell'immondizia napoletana. Ma non sanno, continua Ciafani, che è solo passato e oggi il nostro Paese può contare su 1500 comuni che fanno correttamente la raccolta differenziata raggiungendo il 65%.

Sono i cosiddetti comuni ricicloni, i quali ogni anno vengono inseriti in una classifica.
Nel 2015 il vincitore è stato Ponte nelle Alpi, un paese di soli 8500 abitanti vicino a Belluno.

Allora se realmente su 8 mila comuni italiani solo 1500 partecipano all'iniziativa, è altrettanto vero che dall'ultimo rapporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca nell'ambiente, tra il 2011 e il 2013 l'Italia ha ridotto i rifiuti destinati alla discarica del 7%.
Inoltre, secondo l'Eurostat, il tasso di riciclo è passato dal 18% del 2004 al 43% del 2014.

Infatti, prosegue il direttore di Legambiente Stefano Ciafani, verso la fine degli anni novanta venivano riciclati il 5% dei rifiuti urbani, arrivando ora a moltiplicare per otto la quota del riciclo in meno di venti anni.

La sorpresa, secondo Legambiente, è stata che in tutte le regioni, ad eccezione della Val d'Aosta, almeno un comune ha raggiunto un ottimo livello nella gestione del servizio di raccolta e avvio al riciclo.

Nonostante questo, il Nord Italia non brilla come prima, infatti Lombardia e Piemonte per esempio, sono superate da Marche e Campania oltre che dall'Umbria.

La più bella sorpresa è stata proprio la Campania, dove vi è stata il maggior avvicinamento alla soglia differenziata del 65% da parte dei comuni, ad eccezione quasi unica, e aggiungerei strana, del capoluogo.

Napoli, come ha spiegato il direttore generale del Consorzio nazionale imballaggi (Conai) Walter Facciotto, ha ancora un lungo percorso da fare.

Comuni come Bari, Catanzaro, Matera e Potenza, invece, hanno già realizzato sistemi di raccolta molto validi.

Si tratta, come ha sottolineato Facciotto, solo di un problema di organizzazione e di volontà politica, non culturale. Colpa anche della retorica ambientalista che per anni ha alimentato l'indifferenza sull'azione pratica dei consumatori.

Sono le aziende oggi, che hanno capito l'importanza dell'economia circolare, e il grande vantaggio in termini di risparmio.

Beatrice Lamonica, responsabile della practice di sostenibilità di Accenture Strategy, ha anche spiegato che gli utenti finali, e quindi i consumatori, hanno cambiato approccio verso il consumo e ora pensano al condivisione di servizi e prodotti per poter risparmiare.

Principio base della sharing economy, che si fonda proprio sulle prestazioni e sull'utilità.
Parlare di economia circolare significa parlare di scarti che diventano risorse, attraverso anche la creatività.

Un esempio sono due italiani, Antonio Di Giovanni e Vincenzo Sangiovanni, i quali hanno iniziato una start-up per produrre i funghi dagli scarti dei fondi di caffè investendo insieme ad un imprenditore giapponese, Tomohiro Sato.

Oppure ancora, le siciliane Enrica Arena e Adriana Santanocito che sono diventate famose in tutto il mondo per aver creato tessuti dagli scarti delle arance e dei limoni. Con la loro Orange Fiber, sono state anche premiate dalle Nazioni Unite.

Dalle arance ai pannolini, dal Giappone agli Stati Uniti, anche in Italia, e precisamente a Spresiano, in provincia di Treviso, è nato il primo impianto basato sulla circular ecomony, per il riciclo dei pannolini. Riciclare i pannolini permette la creazione di plastica in granuli e materia organico-cellulosica sterilizzata.

Ma come? Lavandoli e sterilizzandoli con del vapore a pressione che elimina i cattivi odori. Poi il trattamento permette di ricavare materie prime seconde da poter riusare in nuovi processi produttivi. Un progetto, finanziato dall'Unione Europea, è stato elaborato da Fater (Pampers, Lines, Tampax).

Ancora, un azienda di Trento leader nella produzione di fibre sintetiche, Acquafil, recupera reti da pesca e ne ricava il nylon, usato da Levi's, che ne realizza una linea di jeans.