Acque Nestlé ha varato un programma di istruzione sul riciclaggio nel Regno Unito. Ovviamente si tratta a parole di un grande successo, da parte di un marchio che nella realtà suscita più di qualche dubbio sul proprio impatto ambientale e sociale.

Nestlè continua a farsi paladino dell'ambiente: dopo quattro anni di silenzio torna con un programma sul riciclo delle bottiglie di plastica.

Una scuola di Buxton, nel Derbyshire, è stata la prima a provare i kit 'R-Generation' (generazione riciclo) sviluppati da Acque Nestlé, RECOUP (il consorzio britannico dei riciclatori della plastica) e Wastebuster, che includono contenuti multimediali come lezioni interattive, video, piani di studio, e note per gli insegnanti su come affrontare l'importanza del riciclaggio.

Le confezioni, che pare portino con sé anche crediti formativi, sono state ben accolte, con i bambini delle scuole primarie che sono riusciti a coinvolgere le famiglie al riciclo invitandoli a riciclare una bottiglia in più alla settimana e gli studenti delle scuole secondarie che sono stati sfidati a creare voci innovative per nuovi prodotti che potrebbero coinvolgere il pubblico a riciclare di più.

"Ci sono molte aree chiave del programma di studi che possono ora essere utilizzate per educare a un nuovo sviluppo, con risorse ed economie circolari. Impegnarsi con gli studenti fornisce un effetto a catena nella comunità e guida il cambiamento del comportamento che vogliamo vedere tutta la nostra società ", ha spiegato Steve Morgan, direttore tecnico di RECOUP.

Il programma è in fase di sperimentazione a Buxton, al fine di essere reso disponibile gratuitamente per tutte le scuole a livello nazionale. Per il momento noi italiani possiamo dirci salvi.

Commentando, Lyn Picken, Communications Manager di Acque Nestlé, ha dichiarato: "Sono felice che gli studenti delle scuole di tutta Buxton abbiano avuto l'opportunità di conoscere in plastica come materiale e i benefici del riciclaggio di bottiglie di plastica. Le risorse di formazione che abbiamo sviluppato possono essere condivise in modo che possano essere utilizzati per determinare un impatto positivo in altre comunità."

Tutto questo impegno ecologico da parte di uno dei marchi più contestati dagli ambientalisti (e non solo) non ci stupisce. Nestlé può considerarsi la madre del greenwashing.

Ma di loro non si parlava da qualche anno. L'ultima apparizione nei media 'verdi' risale al 2012, quando Nestlè dichiarò di aver concluso l'operazione, cosi detta, di purificazione, dei prodotti che contenevano coloranti chimici e conservanti.

Con questa operazione di immagine la multinazionale svizzera mascherò da operazione verde l'anticipo di pochi mesi dell'adeguamento a norme alimentari cui avrebbe dovuto adempiere in ogni caso.

Diversi studi effettuati da diverse università, infatti, avevano mostrato come i loro snack, consumati abitualmente dai più piccoli, causassero in loro stress, cali di attenzione e mancanze cognitive, perché presenti grandi quantità di coloranti chimici e conservanti.

I primi prodotti ad essere rivisitati furono Smarties e Milky Bar nel 2005, ma presto si completò il catalogo della Nestlé. I coloranti furono sostituiti dai concentrati di frutta e verdura e sostanze naturali come ibisco o radicchio.

Ma la multinazionale elvetica non era nuova a frizioni con consumatori e ambientalisti. Basti pensare al 2008, quando ci fu lo scandalo del latte contaminato a Taiwan, o ancora, nel 2010 quando si ritrovò dentro alla campagna Kit Kat Killer portata avanti da Greenpeace, in cui veniva denunciato il contributo di Nestlè alla rovina delle foreste pluviali indonesiane.

Risultò infatti, che l'azienda usava un'industria locale, la Siner Mas, che produce olio di palma e carta distruggendo piantagioni ad alto pericolo di deforestazione. Nestlè a tutto ciò, rispose interrompendo immediatamente i rapporti con il fornitore, ma ciò che invece fu una certezza, fu la perdita di una possibile nomea eco-friendly.

Oggi questo programma didattico mette in mostra le virtù del riciclo della plastica, trascurando il fatto che prima del riciclo ci sono due erre più efficienti: non produrre la plastica (evitando di bere l'acqua in bottiglia) e riutilizzare la bottiglia invece che distruggerla per riciclarla, come si fa correntemente in Germania (almeno fino a oggi).