Una ricerca per comprendere le insolite fuoriuscite di gas dalle acque del mare dell'Elba.

Uno studio cerca di comprendere l'origine di alcuni batteri mangia metano per risolvere le fuoriuscite di gas dai mari dell'Elba.

Una fuoriuscita di gas e fango è stata notata da alcuni pescatori al largo di Elba, Pianosa e Affrichella. Questo ha dato luogo a numerose indagini sui fondali dell'isola svolte dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dell'Università La Sapienza di Roma, i quali hanno attestato che si tratta di una cosidetta "eruzione fredda" di metano dai fondali. I dati sono stati pubblicati in uno studio dal titolo "Methane Seep in Shallow-Water Permeable Sediment Harbors High Diversity of Anaerobic Methanotrophic Communities, Elba, Italy", pubblicato il 31 marzo dello scorso anno su Frontiers in Microbiology da un gruppo di ricercatori tedeschi.

Come spiega Christian Lott, del team di ricerca, il metano è un gas che ha un effetto serra 25 volte superiore a quella della CO2 e nell'atmosfera ha diverse fonti naturali, come la fuoriuscita dai fondali marini, e dal suolo subartico.
Ma vi sono anche processi naturali che riducono lo scorrimento dai depositi all'atmosfera.
Nel mare vi sono due di questi meccanismi: nella parte di acqua che contiene ossigeno, alcuni batteri posso usufruire del metano come fonte di energia e carbonio, attraverso una combustione biochimica.

Video: le misteriose fuoriuscite filmate da un pescatore:


La presenza di ossigeno nei fondali marini però è nulla e per molto tempo l'utilizzo del metano da parte dei microorganismi senza ossigeno è rimasto un mistero, in quanto meccanismo che richiede grandi quantità di energia iniziale e rende molto poco.

Circa 15 anni fa, gli studiosi scoprirono che una simbiosi di due diverse forme di vita, batteri e archea, rende possibile la suddivisione del lavoro. In questi "consorzi", gli archea ossidano il metano in CO2, consegnando ai batteri gli elettroni, con i quali attraverso il solfato, abbondante nell'acqua di mare, generano solfuro di idrogeno.
Un meccanismo biochimico chiamato "AOM", anaerobic oxidation of methane, che imprigiona il metano già sott'acqua prima che vada in atmosfera.

La ricerca è il risultato di un progetto di alcuni scienziati del Max-Planck-In­sti­tut für Ma­ri­ne Mi­kro­bio­lo­gie e dell’Hydra, i quali hanno analizzato i sedimenti intorno al gas che fuoriesce dai fondali.

Nel 1995 i ricercatori dell'Hydra, avevano già notato delle bolle di gas fuoriuscire da una zona sabbiosa poco profonda nel mare di Pomonte, nell'Elba sud-occidentale, così nel 2009, fu avviato uno studio e furono trovate altre due aree dove filtra del gas: una sull'isola di Pianosa e una sullo Scoglio d'Africa, l'isolotto al largo di Montecristo dove sono stati rilevati i fenomeni che riguardano appunto l'eruzione di gas e fango dal fondale, ma anche boati, terremoti e brillamenti.

Ma oltre al gas e ai processi geologici evidenziati, cosa succede vicino alle sorgenti di gas sottomarini?
Quali sono gli effetti del metano sugli esseri viventi che abitano la sabbia?
E infine, quale processo biochimico svolgono questi gruppi microbiotici?

Domande interessanti, perché ancora non si conoscono tutte le componenti del metano, portando solo incertezze in fatto di effetti naturali e antropogenici.

E' bene sapere che sono stati prelevati campioni di gas e di sedimenti per essere analizzati e si è scoperto che la biodiversità elevata di batteri e Archea metabolizzano il metano anaerobicamente.
I ricercatori tedeschi hanno spiegato questà diversità con la diffusione di microrganismi, la presenza di fonti di energia e l'idrodinamica, le quali agiscono sia sui sedimenti che sul fondale.
Tuttavia, i risultati confermano che la possibile presenza di metano abbia forti effetti sulla selezione dei taxa inferiori e che i gruppi generali siano ben distribuiti.

Lo studio a sud dell'Arcipelago Toscano, nell'area in cui la multinazionale australiana Key Petroleum aveva rinvenuto gas e petrolio che avrebbe voluto trivellare, non è ancora finito e il ritrovamento del "vulcano di fango" alle Formiche di Montecristo potrebbe essere il motivo per fare nuovi passi avanti.

Nel frattempo Lott annuncia che sarà pronta una pubblicazione sulla biogeochimica, la mineralizzazione autoctona e l'origine geologica del gas, oltre al proseguo di altri studi sull'ossidazione aerobica nell'acqua e nei sedimenti, per rispondere al punto di domanda sugli effetti delle bollicine di metano che sfuggono ai consorzi AOM.

La ricerca continua, per scoprire di più su questi batteri mangia-metano che abitano le acque marine poco profonde.