Le aziende devono decarbonizzare per rimanere competitive, è la sintesi dei risultati di un nuovo rapporto, che riguarda la Gran Bretagna, ma che può essere estesa all'Italia e all'UE.

Il governo britannico avverte che i settori chiave dell'economia, incluse le industrie automobilistiche e chimiche, rischiano di perdere la concorrenza straniera se non si adattano alla crescente domanda di beni e servizi a basso contenuto di carbonio. E prende provvedimenti, a differenza dell'Italia.

Alcune delle industrie più preziose del Regno Unito soffriranno a meno che non saranno capaci di adattarsi alla crescente domanda globale di beni e servizi ecologici, ammonisce un nuovo rapporto.

Il rapporto "Made Smarter", pubblicato dal governo britannico, rivela che le industrie automobilistiche e chimiche del Regno Unito, così come il settore dei servizi finanziari, sono vulnerabili nella transizione verso le basse emissioni di CO2 scatenata dall'accordo di Parigi.

Per esempio, il settore chimico del Regno Unito è ad alta intensità di carbonio, contribuendo per il 13% di tutte le emissioni dirette di gas serra prodotte nel paese. Il rapporto avverte che il settore potrebbe rivelarsi vulnerabile se i clienti internazionali iniziassero a favorire tecniche di produzione più efficienti in termini di CO2.

Allo stesso modo, il settore automobilistico del Regno Unito è in ritardo sul mercato globale delle esportazioni di veicoli elettrici, nonostante la posizione del paese come azienda automobilistica leader, avverte il giornale. Le stesse considerazioni, è evidente, possono essere fatte per il colosso italo-yankee FCA, clamorosamente indietro nella mobilità a basse emissioni.

Jürgen Maier, amministratore delegato di Siemens UK, tra i curatori del rapporto, sottolinea che l'industria britannica ha bisogno di investire nelle ultime tecnologie per promuovere la competitività internazionale. "Investendo nelle ultime tecnologie digitali, si può aumentare la produttività industriale del 25% e ridurre le emissioni di carbonio del 4,5% entro il 2025."

Il rapporto segue il lancio all'inizio di questa settimana della strategia industriale tanto attesa del Regno Unito, che promette di "massimizzare i vantaggi per l'industria britannica nel passaggio globale all'economia pulita" come parte di un piano generale per rilanciare la crescita economica più ampia e rilanciare il Regno Unito.

Il governo ha evidenziato una serie di misure volte ad aiutare la decarbonizzazione delle industrie, compresi i recenti finanziamenti per i veicoli elettrici, le proposte per un nuovo programma di cattura del carbonio (vedi Islanda: ancora passi avanti nella cattura di CO2) da 100 milioni di sterline e gli sforzi per consolidare la posizione del Regno Unito come centro finanziario verde.

Christine Allen, direttrice della politica dell'associazione Christian Aid, ha affermato che le nuove politiche mettono il governo sulla strada giusta, ma ora è necessario un sostegno più concreto per aiutare le imprese a competere a livello internazionale.

"Ora è necessario un allineamento intergovernativo sulla politica interna e internazionale, per sostenere le imprese del Regno Unito nella costruzione delle competenze che il mondo ora richiede", ha affermato.

La politica energetica in funzione Parigi è intrapresa con vigore non solo dai governi dei paesi più eco-sensibili, come l'Olanda (vedi Ancora tegole per il carbone), ma anche da tradizionali inquinatori come il Regno Unito. Questo è segno che queste politiche non sono idealiste o appannaggio solo di paesi ricchi e snob, ma rappresentano un fattore di competitività per il sistema economico nazionale.

L'Italia, se in questi anni chiave continuerà a buttare soldi pubblici per fini elettoralisti e clientelari, come sta ampiamente facendo ora, e soprattutto se l'unica politica economica sarà quella di attirare le multinazionali più sprecone col miraggio dei bassi salari, rimarrà tagliata fuori dall'economia. Aspettiamoci un ruolo di paese di serie B.