Nel settore degli smartphone, dominato da un turnover fuori controllo, c'è chi sceglie di inserire nel mercato dispositivi di seconda mano per affrontare il problema degli e-waste.

Il mercato degli smartphone è notoriamente uno dei più inquinanti del mondo. Apparecchi di grande impatto ambientale continuamente arricchito da nuovi modelli e obsolescenza indotta. Ma qualcosa si muove controcorrente.

La popolazione mondiale sta prendendo lentamente coscienza della necessità di consumare meno, di ridurre, riutilizzare, riciclare in molti settori dell'economia. Ma per quanto riguarda l'elettronica di consumo, i consumatori, soprattutto le giovani generazioni, sono in preda all'isteria collettiva: guai a perdersi l'ultima versione del diabolico marchingegno! Questa corsa coinvolge anche chi dal digitale resterebbe lontano, cercando di soddisfare i propri bisogni, non i desideri.

Alcune compagnie telefoniche come O2, che abbracciano volenti o nolenti la fornitura di smartphone attraverso i contratti di telefonia, stanno promuovendo cellulari riutilizzabili per il settore privato. Nel 2009 l'azienda ha lanciato la sua iniziativa O2 Recycle in collaborazione con aziende nel settore ambientale, che pare abbia permesso il recupero di due milioni di dispositivi.

Non è possibile contrastare la folle smania di molte persone per l'ultimo dispositivo tecnologico (e infatti i produttori e le aziende pubblicitarie se ne guardano bene), ma si può creare un metodo responsabile di smaltimento nel momento in cui quel dispositivo viene scartato. E cosi si riesce a soddisfare chi non ha interesse, chi utilizza un telefono solo per telefonare, senza stravaganze.

L'introduzione di O2 Recycle ha permesso ai clienti della società di risparmiare più di 135 milioni incoraggiandoli verso modelli meno recenti. Questo fatto ha ridotto le emissioni di 10,000 tonnellate e diminuito l'utilizzo di acqua di 26 milioni di litri in tutto il processo.
Il riciclo fa parte di un programma di O2, Think Big, che ha l'obiettivo di aiutare i clienti a generare solo impatti positivi sul mondo.

La scorsa estate, l'azienda ha lanciato un'altra iniziativa, la "Like New", che pone i telefoni di seconda mano di nuovo sul mercato. Il sistema offre prezzi e garanzie differenti secondo la condizione del dispositivo, oltre ad andare incontro ai consumatori più interessati a prezzi e prestazioni di uno smartphone, più che agli ultimi modelli.

O2 ha ricevuto il più alto Carbon Trust Standard per il sistema di approvvigionamento. Certo, non è la sola: più di un produttore (non molti, in realtà) di smartphone si preoccupa dell'e-waste, ma sarebbe interessante vedere maggiore collaborazione nel settore. Una ricerca di Green Alliance ha rilevato che 125 milioni di telefoni del Regno Unito sono inutilizzati. Con una maggiore attenzione verso il riciclaggio e verso la riparazione dei dispositivi elettronici, i produttori potrebbero ridurre la propria impronta di carbonio almeno della metà.

Un esempio di come si muove la concorrenza è Apple, che ha introdotto sistemi di riciclo, tra cui Liam, il robot che suscita più di qualche perplessità. Queste tecnologie, applicate per ora a scopo eminentemente dimostrativo e propagandistico, si occupano di recuperare risorse preziose dagli smartphone scartati, ma non basta: occorrerebbe promuovere, come fa O2, il riutilizzo in un mercato di seconda mano.

Se tutte le aziende del settore assumessero queste iniziative, sarebbe un punto di partenza per cambiare tutto il settore delle telecomunicazioni.