Alcune organizzazioni e imprese dell'industria della moda intendono utilizzare cotone sostenibile. Un materiale tradizionale che ha molti margini di miglioramento nei processi di coltura e produzione. Ma un sistema di produzione eco-amichevole esiste già: il biologico. Non utilizzarlo fa sospettare il greenwashing.

La moda è uno dei settori più inquinanti: la scelta di focalizzare l'attenzione sulla coltivazione di cotone in modo sostenibile ha l'obiettivo di ridurre l'impatto ambientale. Ma la parola sostenibile significa tutto e niente.

Quando si parla di moda eco-sostenibile, si devono affrontare alcuni aspetti che non riguardano solo i materiali con cui è realizzata. Da tempo si cerca di rendere meno aggressivo l'impatto della moda sull'ambiente, ma non sempre si è andati nella giusta direzione. Quando per esempio si è cercato di limitare l'impatto ambientale e sociale della seta si è promossa la sostituzione con la viscosa, un materiale che poi si è scoperto avere un processo altamente inquinante che consuma enormi quantità di acqua. Proprio a causa di questi limiti, gli studi sulla moda eco-sostenibile si sono spostati dalla ricerca di nuovi materiali al miglioramento dei processi di lavorazione.

La moda è una delle industrie maggiori della Terra e purtroppo una delle più inquinanti. Prima di acquistare una gonna per pochi euro, è necessario porre l'attenzione sul danno ambientale e sulle persone della catena di fornitura: spesso sono coinvolti milioni di giovani invisibili che passano la loro vita a cucire abiti in paesi come Bangladesh, Myanmar e Vietnam. Recentemente l'attenzione di molti studiosi si è focalizzata sulla produzione del cotone sostenibile.

Il marchio danese Knowledge Cotton Apparel, che si occupa di abbigliamento sportivo e casual, ha la reputazione di essere pioniera nell'utilizzo di cotone coltivato in modo sostenibile e altri materiali riciclati. Mads Mørup ereditò l'azienda dieci anni fa dal padre, che già allora era preoccupato per la coltivazione intensiva e con additivi chimici dei campi di cotone. Fu infatti uno dei primi ad utilizzare il cotone biologico, un materiale che Mørup descrive come il tessuto di lusso di ultima generazione nel mondo della moda.

In circa 100 Paesi del mondo si coltiva il cotone con metodi convenzionali, come sottolinea Liesl Truscott, direttrice europea e strategica di Textile Exchange, organizzazione senza scopo di lucro a livello mondiale che vuole rendere l'industria tessile più sostenibile. I più grandi produttori sono India e Cina. Acquistare un capo in cotone biologico, si calcola eviti lo spargimento di 155 grammi di pesticidi, l'equivalente di una tazza di caffè di sostanze chimiche per ogni T-shirt acquistata.

Recentemente, proprio per questo, alcune organizzazione leader e le imprese del settore della moda e dei tessili, come la Fondazione C&A, Marks & Spencer and Target, il London Collage of Fashion e organismi industriali come la Fondazione Fairtrade e Better Cotton Initiative, si sono riunite per lanciare una nuova collaborazione denominata Cotton2040, che ha l'obiettivo di migliorare e promuovere pratiche sostenibili nell'industria del cotone.
Scopo principale è la promozione della sostenibilità, del riciclaggio e del miglioramento della trasparenza della catena di approvvigionamento e infine la resilienza dei cotoni in tutto il settore del cotone stesso.

Il cotone fornisce mezzi di sussistenza per più di 300 milioni di persone in tutto il mondo, ma la sua produzione è associata a grandi impatti sociali, economici e ambientali.
Si stima infatti che per la produzione di 1 kg di cotone vengano utilizzati dai 10.000 ai 20.000 litri di acqua e spesso accompagnata da un utilizzo poco sicuro di sostanze chimiche agricole.

Nei prossimi tre anni, la partnership vuole creare diversi gruppi di lavoro per riuscire a sviluppare linee guida più efficienti per tutte le imprese che producono cotone, per raggiungere il 30% di cotone sostenibile prodotto entro il 2020. E a questo proposito, sono stati sviluppati altri strumenti industriali per sostenere la guida, che si pensa verranno lanciati entro ottobre 2017.

Ciò che non si capisce è per quale motivo non si sia deciso di utilizzare il sistema di certificazione del biologico, che è già esistente (lo utilizza l'azienda di Mørup), applicato da anni in tutto il mondo e fornito di una solida reputazione. La parola sostenibile è sfuggente e anguillesca, può voler dire tutto e niente, e sembra fatta apposta per offuscare le reali intenzioni di chi non ha alcuna intenzione di prendere impegni concreti, ma non vuole rinunciare alla nomea di ecologista. In una parola, greenwashing.