Apple usa le sue catene di smontaggio come occasione di marketing. Le linee di robot, una in California e una in Olanda, sono in grado di smontare una frazione degli iPhone smaltiti. Un'operazione ai limiti del greenwashing.

Apple presenta Liam, un robot che disassembla gli iPhone e scinde i materiali recuperabili. Una macchina che convince in tutto, tranne che nei numeri.

Apple aveva presentato la scorsa primavera l'ultimo nato, Liam, una gamma di robot capaci di smontare oltre 1,2 milioni di telefoni l'anno.

Questo macchinario è in grado di scomporre gli iPhone e separare tutti i componenti che si possono riutilizzare. La notizia di questi giorni è che Apple, in un rapporto ambientale in cui chiede soldi, ci informa sullo stato di avanzamento di Liam: le linee di robot in funzione sono ora due, una in California e una nei Paesi Bassi.

Questi sistemi consentono di smontare 2 milioni di telefono all'anno, e qui purtroppo casca subito l'asino, visto che gli iPhone venduti ogni anno sono più di 200 milioni.

I robot smontano gli iPhone, e successivamente recuperano materiali come oro, cobalto e alluminio. Apple ha spiegato su 10.000 iPhone scomposti, si riesce a recuperare 190 kg di alluminio, 80 kg di rame, 0,13 kg di oro, 0,04 kg di metalli gruppi del platino, 0,70 kg di argento, 5 kg di stagno e infine 2,4 kg di elementi rari.

La multinazionale di Cupertino sta cercando disperatamente di qualificare il proprio marchio agli occhi dei consumatori eco-sensibili.

Per questo è stato scelto il nome "Liam", ufficialmente acronimo di Large Inverse Assembly Machine, ma in realtà uno dei nomi più di moda per i nuovi nati negli USA. Lo scopo di Liam è quello di testimoniare l'impegno di Apple a riutilizzare, riciclare, compostare o trasformare in energia gli scarti prodotti. Il tutto a dispetto dei numeri, come detto.

Ma le sviolinate eco-friendly non finiscono qui: il rapporto citato narra l'emissione di 12 miliardi di bond nel mercato delle obbligazioni, tra le quali vi sono 1,5 miliardi di dollari di "green bond", ovvero strumenti finanziari che finanziano vantaggi per l'ambiente.

Inutile aggiungere che questa operazione di greenwashing, per il primo produttore mondiale di inquinanti e costosissime diavolerie elettroniche, appare come una fatica di Sisifo.