Al meeting di Davos 40 aziende del settore firmano un nuovo protocollo per revisionare l'economia della plastica. Ma è solo greenwashing.

Gli oceani sono ormai invasi dai rifiuti plastici. Nasce un nuovo modello di economia della plastica per tutelare l'ambiente. Troppo tardi e troppo di facciata.

Si chiama New Plastic Economy il piano che ha lo scopo di cambiare il sistema economico per limitare i danni che i rifiuti plastici causano all'ambiente.

Un accordo fra 40 aziende che si sono riunite al World Economic Forum di Davos, dove appunto hanno stilato un nuovo protocollo comune che mira alla sostenibilità ambientale.

Una decisione che arriva poco dopo l'insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump: la mancanza di chiarezza sulle politiche ambientali ha spinto i piani alti dell'economia mondiale a firmare degli accordi prima che diventi troppo tardi.

L'inquinamento già radicato degli oceani, come si legge in una nota, a causa della forte presenza di rifiuti plastici che causano la morte di molti abitanti marini, necessita di interventi urgenti.

Ad avere la coda di paglia sembrano essere le multinazionali, come Unilever e Procter and Gamble, che per decenni hanno invaso il mondo di plastica nei prodotti e negli imballaggi. Ora, magari tardivamente, pare abbiano deciso di impegnarsi per aumentare il riciclo e diminuire l'utilizzo di plastica.

P&G ha lanciato un progetto per lo sfruttamento della plastica gettata negli oceani per produrre imballaggi sostenibili. Il risultato di questa mastodontica operazione di comunicazione è un solo flacone, quello dello shampo Head & Shoulders, che contiene non il 100%, ma il 25% di plastica riciclata. Un po' poco, anche se lo si considera un inizio.

Un altro famoso marchio pare voglia usare il riciclo della plastica per fare Greenwashing. H&M ha messo sul mercato una nuova collezione, la Conscious Exclusive Collection (nientepopodimeno) con abiti e accessori creati esclusivamente con materiali speciali, attraverso il riciclo dei rifiuti plastici abbandonati in mare. Schiere di ecofighetti sono attese nei negozi della multinazionale degli straccetti.

Un progetto reso possibile solo grazie alla partnership con Bionic, nota azienda che trasforma la plastica in filato.

Durante l'incontro di Davos, sono emersi dati molto incoraggianti: il 20% della plastica prodotta in tutto il Pianeta potrebbe essere riutilizzata interamente e il 50% avviata a riciclo, liberando cosi le discariche. Come dire: può solo andare meglio.

Hanno così creato un obiettivo dal nome inutilmente pomposo: la New Plastic Economy. E naturalmente c'è la coda di celebrità impegnate a farsi pubblicità con la tutela ambientale, come Matt Damon.

Esattamente un anno fa, la Ellen MacArthur Foundation rese pubblici i risultati di un rapporto affermando che entro il 2050 gli oceani saranno abitati dai rifiuti plastici e non più dalla fauna marina.

Il progetto di Adidas che ha visto la nascita delle scarpe realizzate con i materiali plastici recuperati dagli oceani con la collaborazione di Parley for the Oceans, è stato definito da Ellen MacArthur uno dei peggiori modi per pulire gli oceani.

Ma l'ammonimento non è servito: da qui la nascita della New Plastic Economy, in grado di trasformare la plastica in risorsa. La scelta è molto semplice: invece di portare le multinazionali colpevoli dell'invasione plastica al banco degli imputati, le si incensa per il loro goffo tentativo di rimediare.

Così, i cavalieri della New Plastic Economy sono 40 aziende tra le più inquinanti al mondo: come Amcor, Coca-Cola, Mars, Veolia e Unilever. Proprio quest'ultima ha deciso di utilizzare solo imballaggi in plastica riciclabili, riutilizzabili o compostabili entro il 2025. Non è chiaro cosa significhi questa iniziativa, visto che la plastica è da sempre riciclabile e riutilizzabile.

Al progetto hanno aderito anche due grandi realtà, una francese e una italiana che operano nel settore della plastica: Novamont e Danone. Novamont, produttrice del famigerato Mater-Bi, svilupperà imballaggi bio, riciclabili e compostabili ricavati attraverso processi chimici unitamente al settore agricolo e ambientale, secondo i principi dell'economia circolare. Naturalmente gli ammonimenti degli ambientalisti (vedi Occhio ai proclami sulle bioplastiche) sono carta straccia.

Danone invece, si dice favorevole alla sfida di trasformare la plastica in un valore futuro. A chiacchiere, sono sempre i numeri uno.