La società di bevande si sbarazzò per pochi dollari in più di un gigantesco ed efficiente sistema di riutilizzo. Ora gli oceani sono pieni di spazzatura: un po' della colpa è sicuramente loro.

Ogni anno Coca-Cola produce 100 miliardi di bottiglie di plastica, e consuma 300 miliardi di litri di acqua, 30.000 miliardi di litri di acqua equivalenti, quantità sproporzionate di zucchero e caffeina. Questi numeri la rendono un mostro ecologico. Ecco perché è uno dei responsabili del mare di plastica in cui stiamo annegando.

La Coca-Cola Company ha prodotto più di 100 miliardi di bottiglie di plastica nel 2016, ha affermato Greenpeace in un comunicato della scorsa primavera. È una notizia preoccupante, considerando quanta parte dei rifiuti finisce fuori dal sistema circolare (il riciclo) della plastica. Secondo alcune stime, entro il 2050 la plastica dispersa negli oceani avrà una massa superiore a quella dei pesci.

Da sempre Coca-Cola è sotto tiro da parte degli ambientalisti. È un fatto comprensibile, vista l'impronta ecologica enorme dell'azienda, e l'imballaggio è solo una parte della storia. Al di là dei miliardi di bottiglie di plastica, la Coca-Cola fa pesanti richieste al sistema-Terra. Già negli anni Venti, la società vantava di essere il più grande consumatore di canna da zucchero sul pianeta. Afferma inoltre di essere il più grande acquirente del mondo di caffeina trasformata. Oggi, nei suoi impianti di imbottigliamento, utilizza più di 300 miliardi di litri di acqua all'anno. La sua impronta ecologica totale sull'acqua, necessaria per coltivare canna da zucchero e tutti gli altri ingredienti, è 100 volte maggiore.

Considerando questa voracità per le risorse naturali, è facile capire perché organizzazioni come Greenpeace vedano Coca-Cola come un mostro ecologico. Ma aldilà dei numeri, sono stati i comportamenti deliberati a scrivere la storia di un'azienda nemica del pianeta. Negli ultimi decenni, per esempio, Coca-Cola ha combattuto duramente per impedire alle comunità di tutto il mondo di implementare sistemi di deposito che comportassero una cauzione da aggiungere al prezzo dei loro prodotti, da rimborsare alla restituzione della bottiglia al rivenditore.

Questo tipo di sistema fu oggetto di un tentativo di reintroduzione negli Stati Uniti negli anni '70, dopo che le lattine in acciaio e in alluminio avevano cominciato a sostituire le bottiglie di vetro. Questo passaggio all'usa-e-getta iniziò con le birre negli anni '30 e maturò nell'industria delle bibite analcoliche negli anni '60. Fu essenzialmente una decisione economica, poiché le aziende di bevande ottennero economie di scala enormi consolidando le reti di imbottigliamento e risparmiandosi la costosa raccolta delle bottiglie da riutilizzare.

Coca-Cola e i suoi colleghi credevano che le cauzioni imposte dal governo avrebbero potuto colpire le vendite. Per questo contrastarono le leggi sul deposito. La loro campagna ebbe successo, in gran parte a causa della bufala del riciclo. Nelle audizioni federali e statali, infatti, Coca-Cola promise che i sistemi di riciclaggio comunali, se finanziati e sostenuti da agenzie governative, avrebbero eliminato la necessità di depositi.

Ma il comportamento delle aziende non era sempre stato così cinico. All'inizio del XX secolo, l'opinione pubblica stigmatizzava le bottigliette di bevande analcoliche che circolavano senza cauzione. Circa l'80% degli imbottigliatori di Coca-Cola nel 1929 avevano in atto sistemi di deposito. Era un sistema veramente circolare e l'industria privata ne era stata il principale promotore.

Con quali scuse l'industria riuscì a spegnere questo meccanismo virtuoso? Nel 1969 Coca-Cola commissionò al Midwest Research Institute un'analisi del ciclo di vita dell'imballaggio. L'istituto esaminò vari tipi di contenitori usa-e-getta e li confrontò con le bottiglie di vetro riutilizzabili su tutte le performance: spesa energetica, produzione di rifiuti, inquinamento dell'acqua, emissioni di aria e altro ancora.

Questo studio, riproposto all'US Environmental Protection Agency (EPA) nel 1974, concluse che nessun contenitore usa-e-getta avrebbe superato in sostenibilità la bottiglia di vetro. Questo non impedì, lo sappiamo, a Coca-Cola di investire massicciamente nella bottiglia di plastica. Paul Austin, allora presidente dell'azienda, spiegò questo fatto dicendo che i sistemi di riciclaggio avrebbero consentito all'azienda di recuperare gran parte della plastica utilizzata.

Come sia andata a finire è noto: dopo oltre 40 anni, il 70% dei contenitori di plastica va disperso nell'ambiente. Solo il 30% viene riciclato. Le bottiglie di plastica prodotte negli anni Settanta erano particolarmente problematiche, ma a mancare è stata soprattutto la raccolta.

Ancora oggi Coca-Cola sostiene che il suo imballaggio sia "riciclabile". Tecnicamente, ci sono stati notevoli miglioramenti nella composizione, ma, come abbiamo visto parlando di Nespresso, la parola riciclabile significa poco. I contenitori di plastica possono sì essere riciclati, ma i sistemi di raccolta attuali non riescono a catturare la grande maggioranza di questi rifiuti, in gran parte perché non ci sono incentivi fiscali. La buona notizia è che, dove gli stati nazionali se ne sono fregati delle pressioni della multinazionale, come in Germania e in altre nazioni europee, i sistemi con cauzione hanno avuto successo, e la raccolta è praticamente totale.

Coca-Cola sapeva che questo sarebbe stato il risultato. Nella gerarchia delle operazioni ecologiche, il riciclo viene dopo il riutilizzo (vedi le cinque erre), per cui la terra ha dovuto affrontare, a causa di questa decisione, un costo ecologico notevole: nonostante la creazione di un'infrastruttura di riciclaggio, si sono generate enormi quantità di rifiuti. Vedremo se questi dati potranno convincere il colosso di Atlanta, o le nazioni che legiferano sulla vendita delle bevande analcoliche, a cambiare decisamente strategia di imballaggio.

Nel frattempo, la Coca-Cola deve affrontare altre grane, non ultima quella che viene chiamata "l'immondizia dentro la bottiglia". Le nazioni di tutto il mondo affrontano tassi di obesità allarmanti (oltre il 35% tra gli adulti USA), e la Coca-Cola rischia di affrontare problemi, visto che 33 cc di bevanda contengono circa nove cucchiaini di zucchero, indipendentemente dalla riusabilità del contenitore.