La NASA vara un sistema di riciclo della plastica nello spazio. Il costo di spedizione di materiali è proibitivo, quindi gli astronauti sono costretti a riciclare ogni grammo di prezioso materiale.

Grazie ai progressi delle stampanti 3D e all'uso di un solo materiale plastico, sarà possibile riciclare plastica nella stazione spaziale, ma anche nelle eventuali basi su Luna e Marte.

Ogni tanto a qualche buontempone, o a qualche sprovveduto, viene la geniale idea di risolvere il problema dei rifiuti semplicemente spedendoli nello spazio. Ora, un progetto della NASA (National Aeronautics and Space Administration) per riciclare la plastica nello spazio dimostra che soprattutto fuori dall'orbita terrestre i rifiuti siano un problema assolutamente difficile da gestire.

La NASA, infatti, ha annunciato l'inizio di un programma speciale di riciclo delle materie plastiche sulla Stazione Spaziale Internazionale per il 2018. Una macchina chiamata Refabricator, in pratica una stampate 3D, è al centro di questo nuovo progetto, che permetterà agli astronauti di sciogliere qualsiasi componente in plastica e di stamparne uno nuovo utilizzando lo stesso materiale.

Secondo la NASA questo progetto è il primo a combinare riciclo e stampa 3D in un unico dispositivo. Il Refabricator è approssimativamente grande quanto un mini frigorifero. Lavorerà un solo tipo di plastica, ovvero l'Ultum, noto per essere molto resistente.

Secondo i calcoli dell'agenzia, questa macchina permetterà di risparmiare un sacco di soldi nel lungo periodo: spedire un kg di materiale qualunque nello spazio costa oltre 18.000 euro. Inoltre, inviare nuove risorse sulla Luna richiederebbe settimane peggio ancora, inviarle su Marte richiederebbe diversi mesi. Con queste cifre che ballano, dovrebbe essere comprensibile perché è folle anche solo pensare di spedire le nostre immondizie nello spazio. Alla NASA hanno il problema opposto: siccome ogni materiale spedito lassù ha un costo che parte da 18.000 euro al kg, gli astronauti devono riciclare ogni grammo di materiale.

La NASA sottolinea che è fondamentale che l'unità di riciclo sciolga le materie plastiche piuttosto che polverizzarle, considerando la mancanza di gravità nello spazio. Qualsiasi materiale in polvere rappresenta un rischio per la salute degli astronauti. La prossima primavera, la Stazione Spaziale Internazionale realizzerà il nuovo apparecchio progettato per aiutare ad affrontare questo problema.

La destinazione temporanea del progetto è l'ISS
, la stazione orbitante internazionale, ma lo scopo della NASA è andare molto più lontano. Ci vogliono poche ore per raggiungere la stazione spaziale, ma la NASA punta sulla Luna e su Marte. Questo è un campo molto diverso, afferma la NASA. Le nuove forniture richiederebbero settimane per raggiungere la Luna e mesi per raggiungere Marte.

Le sperimentazioni di stampanti 3D in assenza di gravità sono molto complicate. Nel 1999, l'agenzia aveva messo una stampante 3D sulla cosiddetta Vomit Comet, un volo parabolico che produce 25 secondi di assenza di gravità per verificare come il processo di stampa funzionasse in quelle condizioni. Ma da allora, la stampa 3D ha fatto passi da gigante.

Il suo successore, l'Additive Manufacturing Facility, è stato lanciato l'anno scorso. La macchina viene prodotta sia per la NASA che per i clienti terrestri. Ma queste macchine devono essere alimentate con plastica vergine, per cui non sono di molto aiuto nello spazio.

È qui che entra in gioco il riciclo del Refabricator. Il riciclo di plastica è costoso e inefficiente già sulla Terra (vedi Plastica: immondizia o risorsa?), figuriamoci sotto i vincoli della stazione spaziale, come microgravità e regole di sicurezza rigorose.

In genere, il riciclo della plastica comporta prima la polverizzazione. Questa, come detto, non è un'opzione nello spazio, dove l'assenza di gravità rende qualsiasi forma di polvere un pericolo per gli astronauti. Così il Refabricator scioglie la plastica per creare un nuovo materiale di base chiamato filamento, peraltro meno dannoso per la plastica stessa, il che significa che lo stesso materiale può essere utilizzato più volte, senza dover essere mescolato con plastica non riciclata.

Un'altra fissazione maniacale dei membri della stazione spaziale impone che questi dispositivi siano il più autonomi possibile, dato che c'è tipicamente penuria di personale da quelle parti. Per questo il Refabricator sarà gestito interamente dalla Terra, richiedendo agli astronauti solo l'alimentazione di plastica e il prelievo di nuovi prodotti dalla macchina.

C'è qualche possibilità che queste sperimentazioni estreme possano essere utili per la sfida di riciclare la plastica sulla Terra? Qui purtroppo non abbiamo a che fare con un solo materiale plastico, come nello spazio. Ogni diverso tipo di plastica, dal fragile composto delle borse da spesa alla plastica pesante delle brocche da latte, si comporta in modo leggermente diverso durante il processo di riciclo. Ciò significa che devono essere selezionati, almeno in categorie rozze, prima di andare alle macchine di riciclaggio, e anche allora, i riciclatori spesso devono scartare molti lotti a causa della contaminazione.

Comunque nei piani della NASA c'è l'introduzione di un altro tipo di plastica chiamato HDEP, attualmente utilizzato per scopi medici. A lungo termine, nell'ISS il Refabricator sarà in grado di mescolare la plastica con metalli e anche componenti elettronici, in quanto più di un quarto dei rifiuti sulla stazione spaziale ha a che fare con i componenti elettrici.