Prima la Francia, poi la Gran Bretagna e ora (forse) l'Italia elimineranno i veicoli inquinanti termici per migliorare la scarsa qualità dell'aria sulla salute delle persone. Non è un cambio di politica energetica, ma uno strumento di lotta all'inquinamento localizzato nelle città.

Francia e Regno Unito si impegnano a vietare la produzione di auto e furgoni a combustibili fossili entro il 2040. In Italia due senatori PD inseriscono questo progetto in una leggina. Ma si tratta di lotta agli NOX, non contro il cambiamento climatico.

La Gran Bretagna vieterà la vendita di tutte le auto e furgoni di benzina e diesel a partire dal 2040, nel timore che l'aumento dei livelli di ossido di azoto costituisca un grave rischio per la salute pubblica. L'impegno segue a breve distanza un impegno simile in Francia, mentre in Germania è da parecchio che ci pensano, e fa parte di un piano molto atteso del governo, al centro di una lunga battaglia giudiziaria giudiziaria.

Il governo ha avvertito che la mossa, che riguarderà anche i veicoli ibridi, è stata resa necessaria a causa dell'impatto evitabile che ha la cattiva qualità dell'aria sulla salute delle persone. I ministri ritengono che rappresenta il più grande rischio ambientale per la salute pubblica nel Regno Unito, che costa fino a 2.7 miliardi di sterline di produttività persa in un anno.

Non si tratta dunque di una legge vincolante, né di un progetto di legge vero e proprio, ma di un impegno della maggioranza, cosa che da quelle parti ha un valore, diversamente dall'Italia. Gli scettici rimarcano il fatto che non c'è alcuno strumento coercitivo per costringere i legislatori a varare queste norme, e che occorrerebbe magari iniziare dall'adeguamento degli autobus e degli altri mezzi pubblici, la modifica della viabilità e l'aggiunta di strumenti per rallentare il traffico, come rotatorie e gobbe di velocità.

Alcuni ambientalisti desidererebbero che l'iniziativa nazionale seguisse le orme di Londra, che sta introducendo una "T-charge" tossica di 10 sterline che verrà applicata fino a 10.000 dei veicoli più antichi e più inquinanti ogni giorno della settimana.

Il Prof David Bailey, esperto di settore automobilistico presso l'Università di Aston, ha dichiarato: "Il calendario britannico può essere preso sul serio. Se emanato invierebbe un segnale molto chiaro ai produttori e ai consumatori e potrebbe accelerare una transizione alle auto elettriche".

Il pacchetto qualità dell'aria britannica comprende anche quattrini: 1 miliardo di sterline in veicoli a bassa emissione, tra cui investire quasi 100 milioni di sterline nell'infrastruttura di carica del Regno Unito e finanziare gli schemi di "plug-in" e "plug-in grant". Ci saranno anche 290 milioni di sterline per il fondo nazionale di investimento per la produttività, che andrà verso l'ammodernamento e denari per i taxi con scarsa emissione.

Anche l'Italia pensa a qualcosa di simile a un divieto di vendita di auto a diesel e benzina dal 2040. Per ora si tratta solo di un'ipotesi, contenuta insieme ad altre misure in una risoluzione approvata dalle commissioni Ambiente e Lavoro al Senato e che, appunto "impegna il governo a valutare la possibilità" di inserire una norma in tal senso a partire dalla legge di bilancio del 2018: nulla di vincolante.

Il sistema italiano si concentra sulla dissuasione fiscale: il bollo e le tariffe di parcheggio si avviano a diventare delle tasse progressive, ovvero a importi crescenti in base al tasso di inquinamento del veicolo. E poi si richiede una spinta massiccia in favore degli investimenti nel trasporto pubblico locale, nei veicoli elettrici e nelle piste ciclabili. La risoluzione è opera di due senatori del PD, Laura Cantini e Stefano Vaccari.

Prima considerazione: 23 anni sembrano molti in un'era di profondi cambiamenti tecnologici come questa. In realtà, non lo sono così tanto. Stiamo parlando di mobilità, non di comunicazioni, di auto che pesano tonnellate, non di cellulari di pochi grammi: per quella data bisognerà preparare l'industria automotive e l'economia al passaggio alle energie alternative. Stiamo parlando di un potenziamento adeguato dei trasporti pubblici, oggi in Italia lasciati andare completamente alla deriva (soprattutto quelli locali). Ma anche le infrastrutture dedicate ai veicoli elettrici sono ancora scarse, occorre installare milioni di colonnine per ricaricare le vetture.

Seconda considerazione: questo non è il segnale di un cambio radicale dal punto di vista energetico, ma di un'azione di tutela della salute dall'inquinamento atmosferico locale. Non si tratta quindi di una conversione a nuove forma di energia, di cui l'elettricità è solo un onesto vettore, ma di un divieto a produrre ossidi di azoto, tanto nocivi ai nostri polmoni.

La rivoluzione è quella che si sta silenziosamente compiendo verso le energie rinnovabili, ogni giorno, grazie all'impegno di aziende e privati, all'ombra di COP21.

Terza considerazione: si parla sempre troppo di automobili in città, quando il principale problema in termini di emissioni globali è quello del trasporto merci. In Non auto elettriche, ma camion efficienti abbiamo scritto: "Dal 2000 i camion pesanti hanno rappresentato il 40 per cento della crescita complessiva della domanda petrolifera, in paragone con la quota per i veicoli passeggeri. I camion da soli bruciano circa 17 milioni di barili di petrolio al giorno, ovvero circa un quinto del totale globale della domanda." Finché si prescinde dal trasporto merci, si sta facendo fuffa, non politica ambientale o energetica.