Per la prima volta i padroni del vapore, ovvero gli operatori finanziari, ammettono che la nave sta imbarcando acqua, e che le grida del personale della stiva non erano allarmi immotivati. Questo significa che c'è veramente di che preoccuparsi.

Se l'economia circolare non decolla, buona parte della colpa sta nel sistema finanziario. Escono i primi rapporti dall'interno delle stanze della finanza: se Wall Street e le banche non favoriranno l'economia circolare, il sistema andrà incontro a crisi sempre più frequenti e devastanti.

Una lamentela comune tra le imprese verdi è il problematico accesso al credito a lungo termine per i loro progetti a basso tasso di carbonio. La colpa è spesso attribuita all'orizzonte temporale a breve termine dei settori finanziari, più interessati a rapidi profitti provenienti dall'economia fossile, e poco propensi a rivedere le proprie strategie per contemplare la forza dirompente causata dalla rivoluzione industriale a basso tenore di carbonio.

Non deve essere facile operare oggi nel mercato finanziario. Gli operatori sono in balia delle pressioni del settore convenzionale, ancora in pieno potere e oggi particolarmente aggressivo. I rischi di sistema, ovvero di crollo generale, sono enormi, come dimostrò la crisi dei mutui subprime del 2007. Tutto questo impone operazioni di breve termine, in modo da minimizzare il rischio, secondo il detto "pochi, maledetti e subito", (riferito ai soldi).

Gli ambientalisti stanno facendo a loro volta pressioni per il disinvestimento nei settori dei combustibili fossili e per spingere queste imprese a una maggiore trasparenza sul modo in cui valutano i rischi climatici creati dalla propria attività.

Ma queste preoccupazioni non sono appannaggio dei soli eco-attivisti e delle ONG ambientaliste: la convinzione della necessità di una decisa svolta verso economia circolare e a basso tasso di carbonio (inteso come CO2) si sta facendo strada anche nei piani alti del potere finanziario, come testimonia il nostro articolo Clima: le banche non stanno facendo la loro parte.

In un discorso passato alla storia, Mark Carney, Governatore della Banca d'Inghilterra, ha parlato di quella che è stata definita "la tragedia dell'orizzonte", ovvero il fatto che le crisi sistemiche (soprattutto ambientali) imminenti costringono gli operatori a comportamenti prudenti, orientati al breve termine, e questo fatto aumenta i rischi di crisi sistemica, in un circolo vizioso apparentemente inarrestabile.

Il concetto di tragedia dell'orizzonte è legato a quello di "bolla del carbonio", ovvero l'idea che ci sia una bolla nella valutazione delle società dipendenti dai combustibili fossili, perché i veri costi dell'anidride carbonica non sono ancora presi in considerazione nella valutazione delle società in esame. Si stima che queste aziende siano sopravvalutate di 100 miliardi di dollari (94 miliardi di euro).

Le parole del banchiere Carney hanno ispirato la nascita di un progetto chiamato proprio "la tragedia dell'orizzonte" composto dalle organizzazioni "The Generation Foundation", dedicata al capitalismo sostenibile, e da 2 Degree Investing Initiative, che lavora per allineare il settore finanziario con l'obiettivo dei 2°C di aumento di temperatura entro il 2050.

Per la prima volta l'ammiraglio e i primi ufficiali ammettono che la nave sta imbarcando acqua, e che le grida del personale della stiva non erano allarmi immotivati. Questo significa che c'è veramente di che preoccuparsi.

Il progetto ha prodotto per il momento due relazioni che chiariscono i motivi per cui il settore finanziario globale non riesce a valutare sufficientemente il rischio climatico e i rischi di transizione verso l'economia a basse emissioni di carbonio, mandando quindi un po' in vacca la pianificazione degli investimenti.

La prima relazione si intitola "Tutti i cigni sono neri, al buio", in riferimento al fenomeno del cigno nero, secondo cui le ipotesi finanziarie possono essere sovvertite da un singolo evento choc. Il rapporto avverte che anche 10 anni dopo la crisi dei mutui sub-prime che ha innescato un crollo finanziario globale, gli analisti stanno ancora in gran parte ignorando i rischi finanziari a lungo termine, come ad esempio quelli dei cambiamenti climatici, la transizione energetica e le tecnologie dirompenti a basse emissioni di carbonio.

Secondo i risultati della ricerca, gli analisti e le agenzie di rating tendono ancora a concentrarsi, per valutare i rischi per la sostenibilità a lungo termine delle imprese, su un orizzonte temporale che va da tre a cinque anni. Questo avviene per uno scarso interesse da parte degli investitori per la ricerca a lungo termine.

In particolare, un sondaggio di analisti di borsa ha trovato che il 74% delle previsioni di rischio si chiude in tre anni e il 94% in cinque. Il problema è che i rischi di tipo climatico ambientale vanno inquadrati in un periodo di tempo più lungo.

Mona Naqvi, co-autrice del rapporto e responsabile del programma per The Generation Foundation, ha avvertito che se non si tiene conto dei rischi a più lungo termine, "gli investitori potrebbero subire perdite inattese e nel mercato azionario si potrebbero formare bolle pericolose." D'altro canto, "l'analisi a breve termine può anche far perdere opportunità di business e deprimere gli investimenti in settori che possono esplodere in caso di crisi ambientale", ha aggiunto Navqi.

Uno degli esempi più evidenti citati dalla relazione è dato dallo scandalo emissioni Volkswagen. In effetti, ben prima del 2015, quando l'Agenzia di Protezione Ambientale degli Stati Uniti multò la casa automobilistica tedesca, facendo in seguito precipitare il suo valore di borsa, c'erano stati segnali preoccupanti a carico del colosso tedesco. Trascurarli è stato un grave errore degli analisti.

Allo stesso tempo, è stato grave aver ignorato questi segnali e sottovalutare un'azienda come Tenneco, produttrice di sistemi di alimentazione a combustibili puliti e di sistemi di controllo delle emissioni automotive, che dallo scandalo Volkswagen, e dall'istituzione di controlli più severi sulle emissioni, ha tratto un grandissimo giovamento (anche in borsa).

Naqvi ritiene quindi vi sia la necessità di una maggiore trasparenza sul modo in cui le aziende vengono analizzate, così come una maggiore ricerca all'interno del settore finanziario per comprendere meglio il tipo di rischi sistemici che possono portare a crash del mercato.

"I modelli che abbiamo oggi non sono adatti per affrontare il lungo termine", ha detto, aggiungendo, tuttavia, che l'innovazione richiede investimenti. "Ci vuole coraggio a investire nella comprensione del futuro, in particolare quando è molto incerto. E, naturalmente, con i bilanci in crisi, sta diventando sempre più difficile."

Parte del problema per l'economia low carbon è che gli investimenti azionari da parte dei fondi istituzionali hanno un turnover troppo veloce. È la tesi del secondo rapporto della Tragedia dell'Orizzonte che si intitola "La strada lunga e ventosa" (The Long and Winding Road).

Sebbene la maggior parte dei fondi analizzati, come i fondi pensione e le assicurazioni, abbiano passività a lungo termine di 20 anni o più, secondo il rapporto i gestori pensano molto più a breve termine. Per questo le attività hanno un turnover di 21 mesi in media. Quasi il 90 per cento dei fondi azionari istituzionali vendono le loro attività dopo meno di tre anni, anche laddove periodi più lunghi favorirebbero maggiori performance finanziarie.

Secondo il co-autore del rapporto Rich Dell, direttore globale titoli presso Mercer, "il rendimento ottimale che gli investitori dovrebbero prendere in considerazione sta ben oltre gli 1,7 anni, direi forse sui quattro anni."

Le due relazioni sollevano gravi questioni sistemiche per quanto riguarda la capacità del settore finanziario globale di prevedere rischi climatici e le loro conseguenze (non per forza negative, come dimostra il caso Tenneco), e di pensare a lungo termine sulle strategie di investimento.

Ma qualcosa sta cambiando, e "la tragedia dell'orizzonte" se n'è accorta. Le istituzioni finanziarie stanno cominciando a ovviare alla mancanza di analisi dei rischi climatici, a dimostrazione che si sono accorte dei pericoli di prezzi gonfiati e la possibilità di attivi non recuperabili.

La seconda relazione ha rilevato che mentre il turnover degli investimenti è ancora troppo alto per sostenere adeguatamente le opportunità delle aziende a basse emissioni di carbonio, l'andamento è decisamente verso il basso, in contrasto con la tendenza a breve termine dei mercati finanziari.

"Penso ci stia muovendo nella giusta direzione, la domanda è: quanto velocemente?" si chiede Mike Wilkins, amministratore delegato di S&P Global Ratings. "Ed è per questo che ci muoviamo per accelerare la transizione."

Il progetto "tragedia dell'orizzonte" prevede di pubblicare ulteriori dati e le best practice per i settori finanziari. Li seguiremo da vicino.