Uno studio suggerisce che l'industria zootecnica deve raggiungere un calo del 74% delle emissioni di gas serra entro il 2050. Ma per ottenere questo, l'intero settore deve essere dimezzato.

Politici, agricoltori e consumatori devono affrontare "scelte profondamente scomode," afferma l'autore del rapporto che consiglia una riduzione urgente dell'insostenibile settore zootecnico.

Secondo un importante rapporto,il settore europeo dell'alimentazione animale ha superato i limiti per le emissioni di gas a effetto serra, per il consumo di materie prime e per la perdita di biodiversità e ha urgentemente bisogno di essere ridimensionato.

Il rapporto è stato prodotto dall'associazione RISE (Rural Investment Support for Europe - Sostegno agli investimenti rurali per l'Europa), una fondazione indipendente che mira a un'economia rurale sostenibile e competitiva a livello internazionale, alla conservazione dell'ambiente, della biodiversità, del patrimonio culturale e delle tradizioni rurali.

Secondo il rapporto, le pressioni sugli allevatori di bestiame si intensificheranno in questo secolo, poiché la popolazione mondiale e la crescita del reddito aumentano la domanda di prodotti a base di carne ben oltre la capacità del pianeta.

Il coautore del documento, il professor Allan Buckwell, sostiene l'appello di Greenpeace per dimezzare la produzione di carne e prodotti lattiero-caseari entro il 2050 e il suo studio è un colpo al cuore dell'istituzione politica dell'UE.

Presentando il rapporto, l'ex commissario per l'ambiente dell'UE, Janez Potocnik, ha dichiarato: "Se i responsabili politici non lo faranno, gli allevatori pagheranno il prezzo della loro inattività. 'Proteggere lo status quo' sta fornendo un disservizio al settore."

Lo studio chiede alla Commissione europea di avviare urgentemente un'inchiesta formale incaricata di proporre misure, comprese quelle fiscali, che "scoraggino i prodotti animalinocivi per la salute, il clima o l'ambiente."

L'allevamento è il settore con la più grande impronta e sta crescendo rapidamente, avendo già raggiunto l'80% del terreno agricolo del pianeta utilizzato per il pascolo e la produzione di mangimi, anche se la carne fornisce solo il 18% delle nostre calorie.

Gli europei già mangiano più del doppio di carne raccomandata dalle autorità alimentari nazionali, ben oltre il livello di sicurezza entro i limiti ambientali, afferma lo studio della fondazione Rise.

Di conseguenza, entro il 2050 saranno necessari enormi aggiustamenti per riequilibrare il settore, tra cui un calo del 74% delle emissioni di gas serra e un taglio del 60% nell'uso di fertilizzanti a base di nitrati.

Molto prima di allora, i politici, gli agricoltori e la società nel suo complesso dovranno affrontare "scelte profondamente scomode," secondo Buckwell. "Stiamo parlando di un minor numero di pasti a base di carne, meno porzioni di carne e passaggio a diete meno carnivore, anche senza essere dogmatici," ha detto. "Potrebbe essere opportuna una comunicazione più morbida, ma anche i messaggi più estremi sono necessari."

Tale trasformazione "non avverrà spontaneamente," ha aggiunto. "Richiede forti segnali da parte dei governi, quindi la proposta politica deve includere misure per scoraggiare il consumo di prodotti animali nocivi per la salute pubblica e l'ambiente."

Buckwell chiede un assetto fiscale progettato per un consumo consapevole di prodotti alimentari. Prima di tutto tasse mirate sulle pratiche dannose. Poi, per impedire che i consumatori a basso reddito siano esclusi dall'accesso alla carne, sovvenzioni per l'acquisto mirato di modiche quantità, e non, come adesso, finanziamenti a pioggia nel settore per rendere convenienti pratiche industriali dissennate (vedi Maiali: allevamenti italiani sotto accusa).

L'avanzo fiscale ottenuto potrebbe essere impiegato per consigliare gli allevatori e gli agricoltori, riqualificare il settore agricolo e assumere più personale per la gestione del paesaggio rurale e il benessere degli animali.

L'obiettivo è che i consumatori paghino di più per carne di alta qualità prodotta in condizioni di sicurezza ambientale, dove sono state garantite la protezione della campagna e il benessere degli animali.

Lo studio segue una rabbiosa condanna della recente riforma della politica agricola comune dell'UE, che ha ignorato il crescente clamore per le mosse verso sistemi alimentari più sostenibili.

L'UE reagisce scomposta. Phil Hogan, commissario europeo all'agricoltura, ha affermato che anche lui vuole che l'allevamento diventi "più intelligente, più verde, più pulito e veloce." Ma ha anche aggiunto di volere una maggiore efficienza degli stabilimenti.

La sua risposta è stata bollata come "intrinsecamente contraddittoria" dal capo della politica di BirdLife Europe, Ariel Brunner. Le fattorie più sostenibili sono spesso meno "efficienti" in termini ristretti di profitti e perdite, ha sostenuto, a meno che non vengano prese in considerazione fattori di valutazione più ampi, come l'energia e la nutrizione dei consumatori.

Buckwell prevede una contrazione del settore tra il 40% e il 50%. "Dobbiamo contrarre il consumo di circa la metà per entrare nello spazio operativo sicuro, un grande cambiamento, in altre parole."

Uno dei maggiori ostacoli a questa visione alimentare sostenibile è rappresentato dagli stessi agricoltori europei, che devono ancora riprendersi dal colpo inferto dalla siccità di quest'anno. Gli agricoltori sostengono di essere un capro espiatorio per gli ambientalisti.

"Non è solo colpa nostra," sostiene Liam MacHale, dell'IFA, l'associazione di categoria irlandese. "L'agricoltura è sotto accusa, ma è il comportamento dei consumatori che stimola i trasporti. Volano all'estero per rilassarsi nonostante le emissioni associate al trasporto aereo. Nessuno parla di chiudere le compagnie di volo, ma invece si vuole fermare il settore zootecnico."