Sharing economy: ancora problemi. Aziende che condividono le biciclette accusate di creare montagne di rifiuti elettronici.

Le aziende apparentemente eco-compatibili della sharing economy sembrano meno attente all'ambiente di quanto non appaia. Potrebbero cioè produrre molti più rifiuti di quanto gli utenti si aspettino, e una ONG internazionale, BAN, chiede che vengano predisposte adeguate politiche di riutilizzo e riciclaggio.

La condivisione di biciclette è una tendenza in crescita in tutto il mondo, che incoraggia le persone nelle città a abbandonare le auto e il trasporto pubblico a favore della mobilità ciclistica: un modo conveniente per risparmiare denaro e emissioni.

Dopo il servizio "Santander Cycles" decollato a Londra nel 2010 (noto come Barclays Cycle Hire, ma forse meglio conosciuto come "Boris bikes," dopo il sostegno dell'allora sindaco), il mercato delle noleggi di biciclette è cresciuto in modo esponenziale in Unione Europea e Regno Unito, con aziende come Ofo, Mobike, Hourbike e YoBike si stanno diffondendo nelle principali città.

Questi servizi, detti dockless, basati interamente sulle app stanno sostituendo i più costosi servizi convenzionali, che richiedono costose attrezzature per le dock (stazioni) di prelievo, nonché di furgoni (e autisti) per la loro gestione, come detto in Piccoli fallimenti crescono.

Il funzionamento del servizio è semplice: basta scaricare un'app sullo smartphone, usarla per trovare una bicicletta su una mappa, sbloccare la bici con una piccola spesa e poi, dopo aver finito, lasciare la bici in un dock o luogo designato. La bicicletta verrà quindi bloccata (con un antifurto attivabile da remoto) di nuovo fino a quando un altro utente non la sbloccherà. Alcune app offrono tariffe di iscrizione e per altre il costo di una corsa singola costa circa una sterlina, vale a dire poco più di un euro.

La maggior parte dei servizi sono per le bici standard, ma ci sono aziende che offrono biciclette elettriche (come JUMP negli Stati Uniti, che è destinata a trasferirsi in Europa con una filiale a Berlino) e persino scooter: startup statunitensi finanziate da miliardi di dollari, come Bird, Spin e Lime noleggiano scooter elettrici ogni minuto.

Ma nessuno si pone il problema del fine vita di queste biciclette che, per naturale logorio o per i frequenti fallimenti delle spensierate startup che offrono questi servizi, spesso sono abbandonate creando montagne di spazzatura.

E c'è preoccupazione anche per la tossicità di questi rifiuti. Non solo le bici elettriche, col loro pericoloso carico di accumulatori al litio, ma anche le biciclette standard costituiscono di fatto un e-waste una volta raggiunta la fase di fine vita, dato che sono dotate di un apparecchio GPS per collegarle alla rete urbana attraverso l'app. In pratica si tratta di un computer dotato di batteria al litio.

Jim Puckett, direttore della ONG internazionale sui rifiuti elettronici Basel Action Network (BAN), ha spiegato: "Queste bici quando sono demolite sono in realtà una forma di rifiuti elettronici [...] Anche le biciclette non motorizzate contengono batterie agli ioni di litio pericolose e schede con circuiti tossici."

BAN accusa le società di bike-sharing in rapida crescita di non aver impostato politiche di smaltimento adeguate per i loro prodotti. Puckett sostiene che le biciclette dovrebbero essere "adattate per essere donate a bambini o utilizzate per il trasporto nei paesi in via di sviluppo. Se ciò non è possibile, le parti come unità GPS, serrature elettriche, motori e ruote possono essere raccolte. Sia per il loro valore che per la loro tossicità, queste biciclette non dovrebbero essere trattate solo come rifiuti o rottami metallici."

A livello mondiale, queste spensierate startup sono dei piccoli colossi, di notevole impatto ambientale. Pare ci siano più di 10 milioni di bici Ofo in funzione, mentre Mobike è presente in più di 200 città. Il caso è montato nel 2017, con le immagini scioccanti nel Guardian, che mostravano enormi montagne di queste bici scaricate nei cosiddetti "cimiteri delle biciclette" in Cina, il paese in cui la tecnologia di condivisione della bici ha preso il volo e da dove la maggior parte grandi società che operano in UE, tra cui Mobike e Ofo, hanno origine. Biciclette non riparabili economicamente o perché l'azienda che li gestiva è fallita, stanno potenzialmente creando una quantità enorme di rifiuti.

Per il momento il problema non è venuto a galla il Europa, ma le aziende che operano qui e stanno espandendo notevolmente la loro portata in più città, sono simili, se non proprio le stesse. In America, Ofo è stata criticata per aver scaricato le biciclette non danneggiate, ma usate, nei cantieri di demolizione delle bici. Ofo ha dichiarato: "Manteniamo il nostro impegno per la sostenibilità ambientale e continueremo a donare le bici Ofo in buone condizioni di lavoro alle comunità locali e riciclare tutte le biciclette quando sono irreparabili o non sono più in grado di utilizzarle."

Secondo BAN, tuttavia, tali ammissioni non sono sincere. L'ONG, famosa per denunciare il dumping di rifiuti elettronici pericolosi nei paesi in via di sviluppo (vedi Il falso riciclo dei RAEE), chiede prove che "tutte le aziende di rideshare di biciclette e scooter e le amministrazioni cittadine che li autorizzano, stabiliscano politiche responsabili di fine vita per assicurare il massimo riutilizzo e riciclaggio sicuro e responsabile per quelle bici e scooter che non possono essere riutilizzati."

"Ora vedremo se le società di ride-sharing si preoccupano per l'ambiente o pensano solo ad accaparrarsi soldi e dati dei clienti," dice Puckett. "Speriamo che si muovano molto velocemente per darci la risposta giusta prima di scoprire altre discariche di biciclette. Siamo pronti afare la nostra parte."