I climatologi sfornano modelli più precisi sull'aumento di temperatura in relazione alla CO2. I dati sono però ancora discordanti.

Una ricerca esclude gli scenari più pessimisti delle conseguenze dei livelli di gas serra nell'atmosfera. Un'altra, invece, li conferma.

Le conseguenze del raddoppio dei gas serra atmosferici sul clima sono di enorme importanza, dal momento che gli umani stanno esaurendo il tempo per evitare tale picco. Attualmente siamo a 405 parti per milione, essendo partiti da circa 280 parti per milione prima dell'alba dell'era industriale, per cui siamo circa a metà strada.

Nel nuovo studio sulla rivista Nature, Peter Cox e Mark Williams dell'Università di Exeter e Chris Huntingford del Centro per l'ecologia e l'idrologia del Regno Unito tentano di ricalcolare "l'equilibrio della sensibilità al clima", una metrica che descriva quanto il pianeta si scalderebbe se l'anidride carbonica raddoppiasse e il clima terrestre si dovesse adattare al nuovo stato dell'atmosfera.

Per decenni, gli studi sul clima hanno delineato un range molto ampio di possibilità legato al raddoppio di CO2: tra 1,5 e 4,5 gradi Celsius, con media e moda a 3 gradi Celsius. Ma non si è mai arrivati a restringere ulteriormente questa stima.

Le implicazioni sono completamente diverse a seconda di cosa accadrà realmente: nella fascia bassa delle previsioni (attorno a 1,5 gradi) forse non dovrebbe essere necessario fare molto per il cambiamento climatico se non adattarsi, mentre per la fascia alta (attorno ai 4,5 gradi) forse è già troppo tardi per qualunque contromisura, secondo gli scienziati.

Recentemente, tuttavia, diversi gruppi di ricerca hanno adottato un approccio per cercare di restringere i risultati, confrontando modelli di cambiamento climatico ad alto dettaglio, con gli elementi attualmente osservati del clima attuale.

A tal fine, Cox e i suoi colleghi si sono concentrati su una semplice misurazione: quanto il clima varierebbe su base annua, indipendentemente dalle emissioni di gas serra. "Quello che abbiamo fatto è osservare la variazione di anno in anno, dopo aver preso la tendenza a lungo termine, correlata alla sensibilità del sistema, attraverso tutti i modelli", ha detto Cox.

Il risultato ha permesso agli scienziati di restringere il probabile intervallo di sensibilità al clima tra i 2,2 e i 3,4 gradi Celsius, con una media di 2,8°C, un po' inferiore alla stima precedente di 3°C. LA gaussiana, ovvero la curva di probabilità attorno al risultato maggiormente atteso, si è ristretta del 60%.

Il range probabile è compreso tra 2,2°C e 3,4°C. Lo studio ha affermato che c'è meno del 3% di possibilità che la sensibilità al clima sia inferiore a 1,5 gradi e meno dell'1% di possibilità che sia superiore a 4,5 gradi. Se verificata, questa sarebbe un'ottima notizia, visto che non dovremmo fare i conti con aumenti di temperatura veramente infernali entro la fine di questo secolo.

"Grazie a Cox e colleghi potrò dormire un po' più facilmente la notte", ha scritto Piers Forster, climatologo dell'Università di Leeds nel Regno Unito, in un commento al nuovo studio. Secondo Forster, la metodologia del nuovo studio sarebbe "geniale".

La nuova scoperta è in contrasto con uno studio simile, pubblicato anch'esso sulla rivista Nature, che ha scoperto che i modelli climatici che meglio raccontano del clima attuale sono anche quelli che prevedono i risultati più gravi per il futuro.

Quello studio, condotto da Patrick Brown e Ken Caldeira del Carnegie Institute for Science, ha usato una metodologia concettualmente simile ma focalizzata sull'energia in entrata e in uscita nella parte superiore dell'atmosfera del pianeta, piuttosto che oscillazioni di temperatura annuali. E in realtà ha spinto verso l'alto in qualche modo la stima sul riscaldamento.

Brown e Caldeira hanno detto che stanno studiando la nuova ricerca di Cox per cercare di capire perché si differenzia dalla loro.

Cox, nel frattempo, ha detto di aver visto somiglianze, oltre che differenze, con lo studio dell'altrteam. "Quello che entrambi facciamo è dire che i bassi valori sono improbabili", ha detto. "Noi pensiamo anche che i valori alti siano improbabili, loro no."

Si spera che la scienza trovi un punto di vista comune entro il prossimo rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, previsto per il 2021. È chiaro che l'affidabilità di queste stime è politicamente fondamentale, perché determina lo sforzo necessario per limitare il riscaldamento globale sotto 1,5 o 2 gradi Celsius, due obiettivi internazionali fondamentali sanciti nell'accordo sul clima di Parigi.