Il pianeta che muore rivela parte della sua storia: antichi tesori nascosti per migliaia di anni emergono intatti allo scioglimento dei ghiacciai.

Il lavoro sul campo svolto da un'équipe di archeologi nelle montagne norvegesi di Oppland è favorito dallo scioglimento dei ghiacciai (ex) perenni. Scoperte numerose attività umane ai confini della fascia abitabile, basati sulla caccia alle renne.

Ironicamente, il cambiamento climatico e il riscaldamento globale aiutano a portare alla luce antichi reperti sepolti in climi estremamente freddi o artici.

Alcune scoperte di manufatti umani, recuperati dalle aree glaciali in Nord America, Scandinavia e Alpi, sono avvenute grazie al lavoro di una sola squadra di archeologi. Gli oggetti erano perfettamente conservati, come fossero stati conservati in capsule temporali congelate. Il team è guidato dall'archeologo e co-direttore del Glacier Archaeology Programme in Norvegia presso il Consiglio della contea di Oppland, Lars Pilø.

Il progetto multi-sito "Secrets of the Ice" è stato lanciato nel 2006 con l'unico scopo di scoprire e documentare questi tipi di oggetti preistorici. Tra i siti oggetto della ricerca, il più importante è la Contea di Oppland, una delle 19 contee della Norvegia.

Si tratta di un lavoro estremamente scomodo e stancante, ma, alla fine, il team ha recuperato più di 2000 manufatti dall'inizio dei lavori, tra cui sorprese inaspettate: "Questa è una nuova e fantastica documentazione archeologica dell'attività umana in alcuni dei paesaggi più remoti e proibiti."

I dati e le osservazioni relativi al loro lavoro, sono stati pubblicati in un articolo intitolato "La cronologia della caccia alle renne sui ghiacci più alti della Norvegia" che rivela indizi sui modelli di caccia alle renne nei primi periodi della storia, con l'obiettivo di aprire "una finestra senza precedenti sulla cronologia delle attività ad alta quota."

L'articolo rivela anche che alcune delle loro scoperte risalgono al 4000 circa aC. La datazione al radiocarbonio è stata eseguita su un totale di 153 oggetti utilizzando un metodo chiamato "stima della densità del kernel (KDE)". Grazie a esso, gli studiosi hanno concluso che le temperature fredde avrebbero prodotto un impatto maggiore del previsto sull'accessibilità alle aree montuose.



Il lavoro del team è stato lanciato nel 2006, e per questo Pilø definisce la propria squadra come "paradossale beneficiaria del riscaldamento globale." La loro è la storia di una corsa contro il tempo: "Quando questi artefatti emergono dal ghiaccio sciolto, sono immediatamente vulnerabili agli elementi", afferma James H. Barrett, archeologo ambientale dell'Università di Cambridge e coautore dello studio.

La ricompensa maggiore, oltre alla scoperta, è fornire una prova tangibile degli effetti del riscaldamento globale: "Il lavoro sul campo, con tutte le nostre attrezzature, spesso accampate sul permafrost, è duro, ma molto gratificante. Si salva l'archeologia, si porta l'attenzione dei media sui ghiacciai che si stanno sciogliendo, si scopre una storia ambientale unica, e ci si connette davvero con l'ambiente naturale," ha commentato Barrett.