Le auto senza conducente, sbandierate come un'utopia dei trasporti, nascondono fregature, soprattutto dal punto di vista ambientale.

Uno studio recente dimostra che le auto a guida autonoma potranno portare benefici ambientali solo in concomitanza con la mobilità elettrica e condivisa, altrimenti avrà un impatto disastroso.

È un dato di fatto che la tecnologia prenda strade poco prevedibili, non soddisfacendo affatto le aspettative delle persone, ma evolvendosi in percorsi casuali e autoreferenziali. Le auto che si guidano da sole sono un esempio chiaro: a chi servono veramente, chi le ha mai richieste? Eppure più aziende stanno percorrendo questo progetto, e sono ormai arrivate a concludere, senza che ci siano ancora le premesse legali ed economiche per far circolare questi strani aggeggi.

Così le aziende produttrici si stanno scervellando per giustificare gli enormi investimenti fatti, e nascono così gruppi di visionari dell'innovazione, prezzolati o fresconi, a sostenere che le auto senza conducente rivoluzioneranno presto il trasporto di persone e cose.

Tempo fa l'autorevole Rocky Mountain Institute, un sito web ambientalista molto attento all'innovazione, aveva parlato di risparmi per i trasporti USA dell'ordine "di 1000 miliardi di dollari (800 miliardi di euro), 2 miliardi di barili di petrolio e 1 gigatone (forse un miliardo di tonnellate?) di emissioni di CO2 ogni anno". La ricetta per questo risultato era la cosiddetta "triplice tecnologia": auto EAC, ovvero elettrica, autonoma, condivisa.

Tutte e tre le componenti tecnologiche di questa visione sono in crescita. Le auto automatiche sono oggi ampiamente sviluppate e testate e probabilmente saranno utilizzate commercialmente, in ambienti controllati, entro pochi anni.

Le vendite di veicoli elettrici stanno lentamente aumentando e dovrebbero ampliarsi notevolmente man mano che i veicoli elettrici diventeranno meno costosi delle autovetture a combustione, cosa che gli analisti di Merrill Lynch ritengono che accadrà entro il 2024⁠.

La condivisione dei trasporti privati, infine, è realtà da qualche tempo, anche se molto di nicchia, ed è balzata agli onori della cronaca grazie alla mistificazione operata da società private come Lyft e Uber, che hanno chiamato "condivisione" il classico giochino del caporalato (vedi Uber economy e L'Uber dei rifiuti: è possibile?).

Mettendo insieme tutti e tre i concetti in un unico veicolo, assumendo che questa triplice tecnologia prenderà il controllo dei trasporti, la manipolazione informativa ottiene un cocktail irresistibile dal punto di vista ambientale.

I sostenitori del concetto di veicoli EAC (elettrici-autonomi-condivisi) vedono lunghe colonne di camion auto-guidati che percorrono le autostrade in "convogli" (vedi La Gran Bretagna sperimenta i camion a guida autonoma), separati da pochi metri, ottenendo riduzioni nella resistenza aerodinamica fino al 55%, e quindi un consumo di carburante notevolmente ridotto.

La congestione del traffico si ridurrebbe, poiché le auto viaggiano vicine senza pericolo di collisione, circolano senza problemi senza l'ausilio di semafori e segnali e trasportano il numero di passeggeri che corrisponde alla loro dimensione. Auto piene di persone, da sole, potrebbero ridurre il consumo di energia del veicolo quasi della metà⁠, e l'eliminazione della congestione potrebbe ridurla di un altro 2-4%.

I passeggeri approfitterebbero della loro liberazione dalla guida, trasformando i veicoli automatici in uffici, camere da letto o case in movimento, eliminando il tempo sprecato del pendolarismo. Le persone con disabilità e gli anziani non sarebbero più limitati dall'incapacità di guidare.

Gli incidenti automobilistici, che ogni anno causano 1,2 milioni di morti a livello mondiale, scenderebbero fino al 90%, dal momento che le auto automatizzate, a differenza degli umani, non si addormentano, non si collegano ai social network e non si ubriacano, né si drogano.

La necessità di parcheggi potrebbe precipitare, dato che le auto senza conducente saranno impegnate a circolare, invece che parcheggiare. Poiché circa l'80% degli inquinanti atmosferici tossici vengono rilasciati nei primi cinque minuti di guida, la conseguente riduzione degli avviamenti a freddo causerebbe un enorme calo dell'inquinamento atmosferico. Le emissioni di gas serra prodotte dal settore dei trasporti, il più grande emettitore di CO2⁠, si ridurrebbe vertiginosamente. In una città mediamente congestionata, il declino del parcheggio introdurrebbe vaste opportunità di utilizzo della terra che potrebbero cambiare la natura della città.

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Una visione idilliaca, che però si scontra con una realtà assai più prosaica. Anzi, l'utopia potrebbe trasformarsi in una distopia per l'ambiente, a seconda di che cosa si riesca a sviluppare.

In uno studio dello scorso anno dell'Università della California, i ricercatori hanno previsto che se i veicoli fossero automatizzati ma non elettrificati e condivisi, le emissioni di gas serra prodotte dal settore dei trasporti aumenterebbero del 50% entro il 2050 rispetto a quanto previsto.

Il perché è così spiegato: se la condivisione non prendesse piede, ma i veicoli automatici sì, il risultato potrebbe essere una maggiore congestione del traffico, più chilometri percorsi. Dopo essere arrivati ​​alle loro destinazioni di lavoro, i pendolari potrebbero evitare di pagare tariffe elevate di parcheggio rimandando le loro macchine a casa⁠, per poi richiamarle alla fine della giornata. Chi andasse a un appuntamento in centro, potrebbe evitare le spese di parcheggio facendo circolare la propria auto fino alla fine dell'appuntamento. E allora ciao riduzione delle emissioni.

I viaggi in camion merci potrebbero diventare molto più economici dopo essere stati liberati dalla componente più costosa, ovvero i conducenti. Ciò potrebbe provocare un aumento del trasporto su gomma. E non abbiamo accennato alle conseguenze sociali del licenziamento dei trasportatori.

E le premesse che questa triplice rivoluzione si riveli solo il trionfo delle auto autonome ci sono tutte: prima di tutto le auto elettriche non sono pronte per sfidare quelle a combustione interna.

Uber, per esempio, ha annunciato l'acquisto di 24.000 veicoli autonomi sì, ma ibridi. Anche Ford ha rivelato che i suoi primi veicoli autonomi, previsti per il 2021, saranno parimenti ibridi. E ibrido, lo sappiamo, significa automezzo a benzina.

Anche sul fronte della sharing economy siamo molto indietro: la storia del car-sharing non è rassicurante. Le politiche urbane di car-sharing esistono da decenni ma non hanno avuto affatto successo⁠. Il car-sharing con veicoli autonomi ha le stesse difficoltà del car-sharing non autonomo. In effetti, le vendite di veicoli (e quindi la tendenza a possedere le auto) stanno ancora registrando record in Europa e nel mondo.

Il fatto che la condivisione passi attraverso delle aziende private, come Lyft e Uber, invece che attraverso protocolli condivisi e senza proprietari, sicuramente non aiuta. Se tutto il trasporto privato fosse nelle mani di una sola entità privata, il potere che ne deriverebbe sarebbe molto pericoloso.

Il fatto che la proprietà delle auto sia piuttosto bassa tra i millennial, potrebbe essere di buon auspicio per il futuro, ma non è chiaro se tale calo rifletta una vera preferenza o solo l'indigenza giovanile tipica di questa fase storica. In effetti, a seguito della mini-ripresa economica negli ultimi due anni in molte parti del mondo, anche il possesso di automobili tra i giovani è aumentato.

L'impressione è che il settore della guida autonoma sia molto più evoluto di quella elettrica e di quella condivisa. Per cui lo sbocco più probabile è l'immissione nel mercato di queste inutili vetture senza conducente, aumentando a dismisura i consumi globali e l'impatto serra.