Un buco normativo, nell'ultima fase del processo di riciclo, blocca di fatto un settore determinante per la chiusura del ciclo dei materiali, trasformando l'Italia, un tempo leader, nella cenerentola dell'economia circolare.

Un appello di 56 associazioni imprenditoriali italiane, di tutti i settori, compreso il riciclo, alle autorità governative per una legge che regoli il cosiddetto End of Waste.

L'economia circolare, vanto del Belpaese, è paralizzata da un impasse burocratica. Secondo un numero sorprendente di associazioni di categoria, il blocco delle attività costerebbe 2 miliardi di euro l'anno.

Va recepita subito la norma europea per il rilascio delle autorizzazioni al riciclo. È il contenuto di un appello che il mondo imprenditoriale e associativo (circa 60 sigle) rivolge alle istituzioni governative per una soluzione al blocco delle operazioni di riciclo dei rifiuti nel nostro Paese.

Tra i firmatari dell'appello leggiamo Confindustria, Circular economy network, Cna, Anco, Aira, Greentire, Assobioplastiche, Ascomac Cogena, Ecodom, Amis, Comieco, Assocarta, Federazione carta e grafica, Centro di coordinamento raee, Siteb, Assorem, Firi, Federbeton, Aitec, Conoe, Corepla, Federesco, Angam, Centro di coordinamento nazionale pile e accumulatori, Ucina – Confindustria nautica, Assofond, Consorzio Carpi, Assofermet, Agci-servizi, Ance, Legacoopsociali, Fiseunicircular, Fise assoambiente, Confederazione italiana agricoltori, Confartigianato imprese, Confcooperative, Legacoop produzione e servizi, Cisambiente, Federchimica, Federacciai, Federazione gomma plastica, Assomineraria, Conai, Conou, Ecopneus, Confederazione libere associazioni artigiane italiane, Green economy network di Assolombarda, Uilitalia, Casartigiani, Confapi, Assovetro, Confagricoltura, Consorzio italiano compostatori, Ecotyre, Cobat, Consorzio Ricrea. Le associazioni di categoria del settore rifiuti e di industria, commercio, artigianato e agricoltura si sono riunite a Roma per rivolgere il loro allarme a Governo e Paralmento, per denunciare le pesanti ricadute sull'ambiente, sulla salute dei cittadini e sui costi di gestione dei rifiuti per famiglie e imprese, in seguito a quello che considerano una pesante battuta d'arresto del settore dell'economia circolare.

Una sentenza del Consiglio di Stato, la 1229/18, che limita fortemente gli enti locali a rilasciare autorizzazioni "End of Waste", ha di fatto paralizzato le operazioni di riciclo dei rifiuti. L'attesa misura dello Sblocca Cantieri in materia di cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste), in pratica è stata una delusione. In mezzo a discutibili norme di alleggerimento di procedure per tenere la criminalità lontana dagli appalti, la norma non ha risolto la situazione di stallo per il riciclo, realizzando così un doppio danno e una doppia agevolazione per comportamenti scorretti.

Per quanto riguarda il riciclo, la norma si è limitata a salvaguardare le tipologie e le attività di riciclo previste e regolate dal DM 5 febbraio 1998 e successivi, norme vecchie di vent'anni, escludendo quindi quelle che sono state sviluppate nel frattempo. Questo nuovo quadro normativo, secondo le associazioni, impedisce diverse attività di riciclo di rifiuti di origine sia urbana che industriale e la realizzazione di nuove attività e impianti.

Il senso comune e gli organi di stampa attribuiscono alla raccolta differenziata il potere taumaturgico di realizzare l'economia circolare. In realtà, essa, da sola, non riesce a concludere alcunché, se, come spesso accade in Italia, mancano gli impianti preposti al riciclo. E, per poter funzionare, tali impianti devono essere autorizzati a far cessare la qualifica di rifiuto (End of waste) ai materiali raccolti in modo che dopo il trattamento restituiscano prodotti, materiali e oggetti destinati al mercato.

La soluzione che oggi si persegue è l'invio dei rifiuti all'estero, alternativa che ha costi troppo elevati per i cittadini e le imprese, ed è paradossale che un Paese povero di materie prime come l'Italia, sia costretto da una burocrazia malata a spedire fuori confine materiali che potrebbero renderlo competitivo nel confronto internazionale e rafforzare la propria industria. Questo blocco delle autorizzazioni ha un costo che è stato quantificato in 2 miliardi di euro l'anno. Processi e prodotti dell'economia circolare rappresentano un investimento strategico per l'uso razionale delle risorse naturali. Per questo la situazione di stallo denunciata dalle associazione, più volte rappresentata alle Istituzioni, è grave e deve essere rimossa prontamente.

Il mondo imprenditoriale si rivolge alle Istituzioni, che purtroppo sembrano prese in questioni speciose e strumentali, e paiono incapaci di ragionare per il bene pubblico, ma anche ai cittadini. Se le operazioni di riciclo non vengono rapidamente sbloccate, la crisi in atto che già colpisce la gestione dei rifiuti, urbani e speciali, si aggraverà e porterà a situazioni critiche in molte città su tutto il territorio nazionale, con il rischio di sovraccaricare discariche e inceneritori.

Le attività più colpite sono proprio quelle che impiegano modalità e tecnologie più innovative per il riciclo e recupero dei rifiuti e quindi paradossalmente anche le più efficaci per la tutela ambientale e lo sviluppo dell'economia circolare. La soluzione ci sarebbe, e sarebbe pure faile da intraprendere: basterebbe recepire il Pacchetto di Direttive in materia di economia circolare, pubblicato a giugno 2018 dall'UE. L'industria italiana, con i suoi impianti, vuole continuare a rendere concreta la transizione verso l'economia circolare, consolidando la sua leadership a livello europeo nel guidare il processo di crescita verso la de-carbonizzazione e l'uso efficiente delle risorse naturali.