Le emissioni derivanti dallo scongelamento del permafrost artico potrebbero essere 12 volte superiori a quanto si pensasse, dicono gli scienziati.

Un nuovo studio rivela che i gas intrappolati nei ghiacciai artici potrebbero creare un effetto serra secondario molto superiore al previsto, un problema molto serio.

Le emissioni derivanti dallo scongelamento del permafrost artico possono essere 12 volte più alte di quanto si pensasse, secondo gli scienziati.

Il permafrost, che qualcuno chiama permagelo, si riferisce al territorio tipico delle regioni dell'artico, della Siberia e dell'America settentrionale dove il suolo è perennemente ghiacciato. Convenzionalmente con questo termine si indica un terreno ghiacciato da almeno due anni. Un mix di suolo, roccia o sedimento che si trova in regioni dove le temperature stanno aumentando più rapidamente rispetto al resto del mondo.

Poiché si sta inesorabilmente scongelando, sta rilasciando grandi quantità di anidride carbonica, protossido di azoto e metano nell'atmosfera, provocando l'innalzamento delle temperature e creando un circolo vizioso che incrementa lo scioglimento del ghiaccio permanente.

Il protossido di azoto, N2O, gas a effetto serra quasi 300 volte più potente dell'anidride carbonica, rimane nell'atmosfera per una media di 114 anni, secondo l'Environmental Protection Agency (EPA).

Era ipotesi diffusa che l'N2O avesse emissioni minime nelle regioni di permagelo. Tuttavia il team di ricerca dietro un nuovo studio pubblicato nella rivista Atmospheric Chemistry and Physics, prodotto da scienziati della Harvard University, ha scoperto che le emissioni di protossido di azoto sono 12 volte più elevate di quanto si pensasse e che quindi costituiscano ben più di una minaccia.

Il gruppo ha usato un piccolo aereo con un naso artificiale per misurare i gas serra oltre 310 chilometri quadrati di permafrost in scioglimento nel versante nord dell'Alaska. Hanno scoperto che le emissioni di protossido di azoto hanno raggiunto in un mese quello che nel 2013 si pensava fosse la quantità prevista annua.

La liberazione di gas in questa quantità e qualità dallo scioglimento del permafrost, significa che gli obiettivi climatici potrebbero essere superati molto prima di quanto previsto. Il protossido di azoto rappresenta anche una seconda minaccia perché nella stratosfera, la luce del sole e l'ossigeno si combinano per convertire il gas in ossido-nitriti, che danneggiano lo strato di ozono.

Jordan Wilkerson, uno degli autori dello studio, ha dichiarato: "Aumenti del protossido di azoto molto più piccoli di questo comporterebbero lo stesso tipo di cambiamento climatico provocato da una grande quantità di CO2."

Secondo il gruppo di ricerca, sono necessarie ulteriori ricerche sui gas serra, in particolare sul protossido di azoto.