Scoperta una cenosi di batteri in grado di prosperare ai danni di una plastica particolarmente problematica: il poliuretano.

Come altre forme di rifiuti di plastica, il poliuretano minaccia l'ambiente e la salute umana. Alcuni scienziati tedeschi si sono imbattuti in un ceppo di batteri resistente che sembra prosperare nel poliuretano.

Una nuova ricerca pubblicata su Frontiers in Microbiology descrive un ceppo recentemente identificato di batterio del suolo in grado di rompere i legami chimici presenti nel poliuretano. Il nuovo ceppo, chiamato Pseudomonas sp. TDA1, è stato scoperto dagli scienziati in una discarica disseminata di plastica fragile.

Ci vorrà un po' prima di vedere questo batterio degradare quantità di poliuretano scartato in massa, ma è un inizio incoraggiante. Il nuovo batterio è stato analizzato dai ricercatori del Centro Helmholtz per la ricerca ambientale a Lipsia, in Germania, e in altre istituzioni.

Come altri rifiuti di plastica, il poliuretano impiega molto tempo a degradarsi. È anche difficile da riciclare perché il poliuretano non si scioglie quando viene riscaldato, e quindi impedisce l'estrusione, il processo più comunemente usato per riciclare la plastica. Di conseguenza, finisce nelle discariche, dove fuoriescono tossine nell'ambiente, incluse sostanze chimiche dannose per la maggior parte dei microrganismi, per non parlare delle sostanze cancerogene per l'uomo che contaminano le acque.

I microrganismi stanno introducendo nuove possibilità nella lotta per ridurre le spaventose quantità di rifiuti di plastica che imbrattano il nostro pianeta. Questa strategia è nota come bioriciclaggio, in cui organismi biologici, quali microbi, funghi e persino insetti, vengono utilizzati per abbattere la plastica.

Non sono esattamente gli organismi che mangiano la plastica a interessare gli scienziati, ma piuttosto i processi chimici che impiegano per portare a termine il loro lavoro. Una volta che i ricercatori trovassero soluzioni già attuate dalla natura, queste potrebbero quindi essere sintetizzate in laboratorio. È il concetto della bioimitazione, tanto caro a questo sito.

In sostanza, gli scienziati non stanno cercando di reinventare la ruota. Lo sviluppo di un metodo per produrre in serie il processo rappresenta un'altra sfida. Potrebbero essere necessari anni prima di vedere qualsiasi tipo di soluzione che possa essere effettivamente implementata sul campo.

Il batterio appena identificato è una forma di Pseudomonas, un gruppo di batteri noto per la loro resistenza. I batteri Pseudomonas possono resistere ad alcune condizioni molto difficili, come ambienti acidi e alte temperature, motivo per cui sono considerati organismi estremofili.

In laboratorio, si è scoperto che il ceppo TDA1 di Pseudomonas è in grado di degradare i mattoni chimici del poliuretano. Inoltre, i microrganismi sono stati in grado di metabolizzare questi composti e usarli per il cibo. Ciò si traduce in una sorta di circolo virtuoso, in cui il consumo continuo di materie plastiche alimenta ulteriormente il processo.

In questo caso, gli scienziati stanno cercando i geni responsabili della produzione di enzimi extracellulari (proteine, in questo caso) che attaccano e degradano i legami plastici. Stanno anche cercando di capire come gli Pseudomonas sp. TDA1 sfruttano questo processo per acquisire energia. Il nuovo studio è quindi uno sguardo preliminare su queste sfaccettature e il lavoro futuro continuerà su questa linea.

Il poliuretano è un prodotto dannatamente ostico da smaltire: viene utilizzato in frigoriferi, mobili, tende, edifici, pannolini, calzature e qualsiasi altra cosa in cui è richiesto un materiale flessibile, leggero e resistente. Milioni di tonnellate di materiale vengono prodotte ogni anno: nella sola Europa vengono prodotti circa 3,5 milioni di tonnellate di poliuretano.

"I batteri possono utilizzare questi composti come unica fonte di carbonio, azoto ed energia", ha dichiarato Hermann Heipieper, coautore del documento e scienziato senior presso il Centro Helmholtz per la ricerca ambientale-UFZ. "Questa scoperta rappresenta un passo importante nella possibilità di riutilizzare prodotti [poliuretano] difficili da riciclare".