Aziende di rifiuti e riciclo si stanno adattando all'economia del coronavirus, o si prevedono disastri su una filiera nevralgica per il Paese e per l'UE?

Nonostante le aziende del comparto siano state esentate dalla chiusura forzata, i ricavi sono in crollo in molti mercati, le ore dei dipendenti vengono ridotte e i contratti sono sotto stress. La reazione degli operatori delineerà il futuro del settore.

Indipendentemente dalle loro dimensioni o riserve finanziarie, tutti gli operatori del settore dei rifiuti si stanno facendo una serie di domande, in gran parte impreviste, sul loro futuro. Quando finirà questa emergenza? Come tornare rapidamente alla normalità? Come affrontare i costi che nel frattempo si sono affrontati? Sarebbe ingenuo pensare di tornare al 100% del fatturato in breve tempo. Procacciare nuovi clienti costa molto in termini di prezzo, per cui, per le aziende di rifiuti, la fidelizzazione dei clienti diventa molto importante.

Le transazioni di rifiuti sono ridotte ai minimi termini, esclusi alcuni clienti come i negozi di alimentari e le aziende agricole. Tutte le aziende di smaltimento e riciclo sono costrette a importanti tagli sui trasporti e stanno lavorando meno materiale presso le loro strutture. Il settore degli oli minerali usati, una delle eccellenze italiane, è praticamente fermo. Una volta svuotato il settore dell'autotrazione (gli oli usati provenienti dalle auto), con le officine di riparazione e le aziende metalmeccaniche forzatamente serrate, due raffinerie su tre sono chiuse. L'ultima, la Itelyum di Pieve Fissiraga, riceverà oli fino al 10 aprile, poi attenderà sviluppi.

Quello che era partito bene come anno economico per le aziende di smaltimento e di riciclo, si è radicalmente spostato nel giro di poche settimane per diventare l'anno del COVID-19. Certo, questo settore non è l'unico a trovarsi in crisi, ma in questo caso mal comune non significa mezzo gaudio.

La mazzata è arrivata nonostante i servizi del settore siano stati ritenuti essenziali durante la pandemia, e quindi graziati dal decreto blocca-Italia, e nessuno può prevedere come sarà il dopo-pandemia.

Ovviamente, la protezione dei dipendenti dal Coronavirus rimane la massima priorità del settore, con un'attenzione significativa sulle procedure per i lavoratori in prima linea. In un settore fortemente burocratizzato come il nostro, grossa attenzione deve comunque essere rivolta anche al personale amministrativo: è stato quindi effettuato un massiccio trasferimento verso lo smart-working.

Il problema è che le aziende che lavorano sugli scarti industriali, data la chiusura delle fabbriche e delle attività artigianali, si trovano improvvisamente senza clienti, in una situazione surreale.

In tutto il paese, fabbriche, officine, uffici, negozi al dettaglio, bar, ristoranti, palestre, scuole, hotel, luoghi di intrattenimento, arene sportive, aeroporti, palazzi di uffici, casinò e cantieri di costruzione sono in gran parte serrati. Il personale non c'è più, a casa in ferie forzate o in cassa integrazione. Tutto ciò porta a una drastica riduzione dei rifiuti industriali. La maggioranza degli operatori ha lasciato a casa la quasi totalità del personale, sia a causa di fattori operativi legati al distanziamento sociale, sia a causa dei volumi di rifiuti diminuiti in modo significativo.

In più, le aziende clienti, anche le poche che sono rimaste aperte, non hanno tra le priorità lo smaltimento e il riciclo delle loro scorie. Ora sono tutte concentrate sul distanziamento sociale e la salute dei loro lavoratori. È logico che l'attenzione sugli scarti sia limitata.

Questo fatto sta provocando tensione negli operatori, in particolare in quelli che hanno parecchi contenitori presso i clienti. Contrattualmente sono tenuti ad assicurare il servizio di svuotamento in tempi rapidi, per cui non possono lasciare il personale a casa, nemmeno temporaneamente. Ma non c'è nessun obbligo da parte delle aziende clienti a far svuotare i contenitori entro date prefissate, per cui il volume dei trasporti è quasi azzerato.

Si naviga a vista in acque inesplorate, una certa quantità di disdette di contratti è già in atto, dato che alcune aziende non torneranno a riaprire. In caso di massicci licenziamenti, molti clienti potrebbero dimenticare di chiamare e i contenitori potrebbero essere temporaneamente bloccati.
Gli analisti economici, a partire dal centro studi di Confindustria, prevedono un notevole declino delle entrate. Si parla di una riduzione percentuale a doppia cifra delle entrate annue, sia per le aziende di raccolta e trasporto, che per gli impianti di trattamento. Il governo ha assicurato la massima assistenza alle aziende forzatamente ferme, comunque è chiaro che, se il fermo dovesse prolungarsi oltre qualche mese, le grandi aziende del settore, in genere multinazionali, non esiteranno ad attuare importanti licenziamenti.

Ma la preoccupazione maggiore è quella legata ai pagamenti. Le condizioni finanziarie di molte aziende clienti costrette alla serrata produrrà inevitabilmente un prolungamento dei tempi di pagamento, e questo porterà con ogni probabilità a una crisi di liquidità nel settore dei rifiuti. Sfortunatamente, l'uomo dei rifiuti sembra essere in fondo al cassetto quando arriva il momento di pagare le ricevute. C'è molta preoccupazione per l'aumento dei crediti in sofferenza. Solo le aziende più solide e comprensive nei confronti dei clienti resisteranno a comportamenti aggressivi e azioni legali nei confronti dei ritardatari.

Mantenere relazioni positive per quando le aziende ricominceranno a riaprire sarà cruciale per la ripresa delle attività. Sarà il momento per dimostrare davvero di essere buoni partner per i clienti. Ma le relazioni amichevoli con i clienti potrebbe non bastare: non si rischia di perdere solo i clienti che passeranno alla concorrenza, visto che molti di essi potrebbero anche fallire. Più dura sarà la chiusura, maggiore il rischio che ci siano fallimenti per le piccole imprese, e le meno solide tra le medie. Questa dinamica rende i prossimi mesi ancora più cruciali per il ritorno a una parvenza di normalità economica.

Gli stimoli governativi sono molto apprezzati nel settore. Le grandi aziende probabilmente non hanno bisogno di finanziamenti di stimolo, ma questi potrebbero essere un vantaggio per i concorrenti più piccoli che potrebbero essere meno liquidi. Le società più piccole, quelle troppo indebitate o troppo dipendenti da una particolare base di clienti o linea di business, possono essere più vulnerabili. Momenti difficili stanno arrivando.