Le mucche geneticamente modificate potrebbero rendere la carne più sostenibile? Paure (ingiustificate) per la salute e burocrazia, paradossalmente, potrebbero servire a ostacolare un'innovazione probabilmente scellerata.

Scienziati di tutto il mondo stanno utilizzando tecnologie all'avanguardia, dai biosensori sottocutanei agli integratori alimentari specializzati, nel tentativo di migliorare la sicurezza e l'efficienza nell'industria della carne di bovino, che oggi vale 385 miliardi di dollari. Oltre ai profitti, le ragioni che, almeno nominalmente, muovono i ricercatori, sono l'imminente crisi climatica e la crescente preoccupazione per il benessere del bestiame tra i consumatori.

Sebbene siano ancora all'inizio del loro sviluppo, le carni coltivate in laboratorio potrebbero un giorno sostituire la carne bovina di oggi offrendo ai consumatori un'alternativa economica al prodotto coltivato convenzionalmente, senza compromettere il benessere degli animali e suscitare preoccupazioni ambientali.

Altre tecniche biotecnologiche sperano di migliorare l'industria della carne bovina senza sostituirla. In Svizzera, gli scienziati di un'azienda biotech chiamata Mootral stanno sperimentando un integratore alimentare a base di aglio progettato per alterare la composizione digestiva bovina per ridurre la quantità di metano che emettono. Gli studi hanno dimostrato che il prodotto riduce le emissioni di metano di circa il 20% nei bovini da carne, secondo il New York Times.

L'Università del Maryland ha ricevuto una sovvenzione dalla Bill and Melinda Gates Foundation per migliorare la produttività e l'adattabilità dei bovini africani. Nel frattempo, un istituto di ricerca scientifica agricola in Nuova Zelanda, AgResearch, spera di indirizzare la produzione di metano alla fonte eliminando i metanogeni, i microbi ritenuti responsabili della produzione di gas serra nei ruminanti. Secondo la BBC, il team di AgResearch sta tentando di sviluppare un vaccino per alterare la composizione microbica dell'intestino del bestiame.

La modifica genetica è la più pericolosa tra queste tecnologie. I bovini modificati geneticamente non hanno (ancora) ottenuto l'approvazione per il consumo umano, ma i ricercatori sostengono che potrebbero migliorare le pratiche di allevamento convenzionali e creare mucche più sane, più grasse e meno dannose per l'ambiente. Potrebbero anche aiutare a creare anticorpi nella lotta contro il COVID-19.

Ma è sensato produrre animali da carne geneticamente modificati? Questioni bioetiche investono non solo l'argomento OGM, ma tutto l'apparato della produzione di carne in sé. Grazie a una lenta ma costante evoluzione, i moderni allevamenti non sono più quelli che la storia e la comunicazione ci hanno fatto credere. Oggi, animali senzienti sono sottoposti a sofferenze terribili, a privazioni della libertà, e a una vita indegna. E ora che qualcuno si sta rendendo conto della situazione, è ormai troppo tardi per rimediare: il mondo è diventato dipendente da questo settore.

Utilizzare l'OGM per rendere più sopportabili le condizioni delle bestie di allevamento è ovviamente un controsenso: significa continuare a perseverare nell'errore originario. Sarebbe come produrre auto più grandi e veloci per risolvere il problema del traffico (vedi Fermare la vendita (e la pubblicità) dei SUV).

In questo scenario, l'impatto dell'allevamento sul clima non è altro che l'ennesima complicazione. I bovini sono tra i principali responsabili del riscaldamento globale. Secondo le stime dell'agenzia ONU per l'alimentazione e l'agricoltura (Food and Agriculture Organization - FAO), il bestiame rappresenta circa il 14,5 per cento delle emissioni di gas serra derivanti dalle attività umane, di cui i bovini sono responsabili di circa due terzi.

Un modo per affrontare il problema climatico sarebbe dunque, semplicemente, mangiare meno carne. Ma il consumo di carne aumenta insieme alla popolazione globale e al reddito medio. Un rapporto del 2012 della FAO prevedeva che la produzione di carne sarebbe aumentata del 76% entro il 2050, poiché il consumo di carne bovina aumenta dell'1,2% all'anno. E gli Stati Uniti dovrebbero stabilire un record per la produzione di carne bovina nel 2021, secondo il Dipartimento dell'Agricoltura.

Così, per alcuni scienziati faciloni, è meglio cercare una facile scorciatoia: creare bovini più efficienti che usino meno risorse. Il numero di vacche da latte negli Stati Uniti è diminuito da circa 25 milioni negli anni '40 a circa 9 milioni nel 2007, mentre la produzione di latte è aumentata di quasi il 60%. Questo aumento della produttività è dovuto al miglioramento genetico delle vacche (attenzione: non si tratta di OGM, ma di selezione). Il problema torna a essere etico: siamo di fronte a vacche più stressate, costrette a ingurgitare una quantità spropositata di proteine, che vivono pochissimo, costano tantissimo e fanno una vita infame.

I moderni strumenti di modifica genetica (OGM) possono esasperare questa accelerazione. Effettuando tagli precisi al DNA, i genetisti inseriscono o rimuovono geni presenti in natura associati a tratti specifici.

Ma a proteggere il mondo dall'invadenza di questi pseudo-scienziati ci sono, paradossalmente, le restrizioni normative e il sospetto della società. Negli USA, gli animali modificati geneticamente, prima che possano essere utilizzati per il consumo umano, devono subire una trafila burocratica abbastanza complicata da parte della Food and Drug Administration. In Unione Europea sono espressamente vietati.

I filo-OGM usano argomenti pretestuosi per giustificare le loro pratiche. Molti allevatori, dicono, preferiscono le mucche senza corna, che possono danneggiare e far soffrire le bestie, in condizioni di elevata promiscuità e affollamento. Quindi spesso asportano le corna con un intervento doloroso, spesso usando prodotti chimici corrosivi e ferri da stiro. Niente di meglio che delle vacche geneticamente sprovviste di corna, quindi. Nel loro interesse.

Negli ultimi anni, alle lungaggini burocratiche si è aggiunta la diffidenza dei consumatori a considerare le nuove biotecnologie pericolose e poco pratiche. Vita grama per i biotecnologi!

Aziende Biotech e allevatori insistono sostenendo che la carne OGM è assolutamente equivalente a quella naturale per la salute dei consumatori. Non lo mettiamo in dubbio. Ma il problema non è questo. In gioco c'è la fragilità del sistema produttivo, e, ancora peggio dell'ecosistema globale, che potrebbe essere messo in crisi da questi salti tecnologici del DNA, non controbilanciati da millenni di aggiustamenti omeostatici, come avviene invece in natura.

Facciamo un esempio pratico: nel 2014, una startup del Minnesota chiamata Recombinetics, aveva creato una coppia di tori Holstein, effettuando tagli al DNA alterando i geni per impedire alle corna di crescere. I bovini Holstein sono vacche da latte altamente produttive, quindi la modifica OGM fu necessaria per far sparire le corna senza compromettere la grande produttività delle vacche Holstein. Recombinetics utilizzò questo esperimento per dimostrare che il latte di queste vacche (le discendenti dei tori in oggetto) è nutrizionalmente equivalente al latte proveniente da ceppi non modificati.

L'esperimento sembrava funzionare. Nell'aprile 2019 un esemplare di Holstein OGM senza corna è apparso sulla copertina della rivista Wired, mostrando ai tecno-fighetti di tutto il mondo il volto futuro dell'industria del bestiame.

Ma all'inizio dello scorso anno, un bioinformatico della FDA (Food and Drug Administration) fece un test sul genoma di questi tori OGM, scoprendo un frammento inaspettato di codice genetico che non ci azzeccava niente con i bovini. Si trattava di tracce di plasmide, un tipo di DNA batterico, che Recombinetics aveva utilizzato per modificare il genoma del toro. Già questo poteva rappresentare un problema, ma in più c'era il fatto che si trattava di geni legati alla resistenza agli antibiotici nei batteri.

Recombinetics sta insistendo molto sul fatto che il DNA plasmidico rimanente è (probabilmente) innocuo e ha sottolineato che questo tipo di errore genetico non è raro. La presenza di geni plasmidici resistenti agli antibiotici nella carne bovina non rappresenta una minaccia diretta per i consumatori, ma si corre il rischio di diffondere la resistenza agli antibiotici, rendendo più difficile combattere le malattie batteriche. Ecco un esempio di danno ecosistemico, senza particolari pericoli diretti per la salute di chi mangia la carne.

La lezione che apprendiamo da questa vicenda è che con la Natura non si scherza, e che non abbiamo difese contro pesanti modifiche all'equilibrio del nostro ecosistema, anche solo negli aspetti alimentari. È vero che anche la selezione genetica ha lo scopo di migliorare il DNA, ma si tratta di un'arma molto meno potente. L'uso di OGM in alimentazione ha lo stesso impatto che hanno le armi nucleari in guerra.

Ora il rischio è che le aziende biotecnologiche migrino i loro esperimenti in paesi con ambienti normativi più flessibili.

La domanda fondamentale è se la biotecnologia possa mai ridurre drasticamente le emissioni del settore o offrire un trattamento umano agli animali in cattività. Il problema è che la natura stessa dell'allevamento di bestiame per il consumo umano è contro il principio della produzione alimentare sostenibile. Piuttosto che rinnovare l'industria,sarebbe meglio esplorare alternative come le diete prive di carne per soddisfare il nostro bisogno di proteine. In effetti, i dati suggeriscono che molti giovani consumatori stanno già incorporando carni vegetali nei loro pasti (vedi Frankenburger conquista la Borsa,  Frankenburger: ecco i primi panini).