Il COVID non ha solo abbattuto l'inquinamento (vedi Coronavirus: la Cina si sta disinquinando): secondo uno studio pubblicato su Nature, anche le emissioni globali di carbonio, sotto forma di CO2, sono crollate del 17% (il 27% in UE!).

Contro tutte le previsioni, il lockdown ha avuto un effetto "estremo" sulle emissioni quotidiane di CO2, causando un calo del 17% a livello globale durante il confinamento monidiale di aprile. Livelli come questi erano stati visti l'ultima volta nel 2006.

Questa è la prima analisi che misura il calo mondiale indotto dalla pandemia in emissioni di anidride carbonica (CO2) da gennaio ad aprile di quest'anno. Altre ricerche riguardavano l'inquinamento dell'aria (non affetto dalla CO2 che non è un gas tossico).

L'anidride carbonica, emessa dalla combustione di combustibili fossili, è però il gas serra più importante nel provocare il riscaldamento globale. Rimane nell'atmosfera circa un secolo prima di dissiparsi.

È probabile che l'impatto del lockdown porti alla più grande riduzione annuale delle emissioni dalla fine della seconda guerra mondiale, ma il 2020 è ancora candidato a essere uno dei cinque anni più caldi mai registrati e lo studio rileva che queste riduzioni non sono purtroppo permanenti.

Detto in altri trmini, questa riduzione è improbabile che duri, secondo gli scienziati, che sostengono che la breve interruzione dell'inquinamento sarà probabilmente "una goccia nell'oceano" per quanto riguarda i cambiamenti climatici.

Altri risultati del rapporto: la variazione totale stimata delle emissioni dalla pandemia è stata pari a 1.048 milioni di tonnellate di anidride carbonica fino alla fine di aprile. La più grande riduzione delle emissioni si è verificata in Cina, seguita da Stati Uniti, Europa e India.

Le emissioni dei trasporti di superficie, come i viaggi in auto, hanno contribuito a quasi la metà (43%) della riduzione delle emissioni globali durante il periodo di confinamento.

Anche i livelli di inquinamento, come detto, stanno calando, e per l'anno finiranno dal 4% al 7% in meno rispetto ai livelli del 2019, a seconda della durata del blocco e dell'entità del recupero.

 La professoressa Corinne Le Quéré dell'Università dell'East Anglia nel Regno Unito è l'autrice principale dell'analisi. Sostiene che "il confinamento della popolazione ha portato a drastici cambiamenti nel consumo di energia e nelle emissioni di CO2. Queste riduzioni estreme sono tuttavia probabilmente temporanee, in quanto non riflettono i cambiamenti strutturali nei sistemi economici, dei trasporti o dell'energia."

"La misura in cui i leader mondiali considerano il cambiamento climatico quando pianificano le loro risposte economiche post-COVID-19 influenzerà i percorsi globali delle emissioni di CO2 per i decenni a venire", ha affermato Le Quèrè.

Per una settimana ad aprile, gli Stati Uniti hanno ridotto i livelli di anidride carbonica di circa un terzo. La Cina, il più grande emettitore mondiale di gas serra, ha ridotto il suo inquinamento da carbonio di quasi un quarto a febbraio. L'India e l'Europa hanno ridotto le emissioni rispettivamente del 26% e del 27%.

Questo calo annuale è paragonabile alla quantità di riduzioni annuali delle emissioni necessarie di anno in anno nel corso dei decenni per raggiungere gli obiettivi climatici dell'Accordo U.N. di Parigi.

Il co-autore dello studio Rob Jackson dell'Università di Stanford ha dichiarato: "Il calo delle emissioni è sostanziale ma illustra la sfida di raggiungere i nostri impegni sul clima di Parigi. Abbiamo bisogno di un cambiamento sistemico attraverso l'energia verde e le auto elettriche, non riduzioni temporanee dal comportamento forzato".

Esperti esterni hanno elogiato lo studio come il più completo finora, affermando che mostra quanti sforzi sono necessari per prevenire livelli pericolosi di ulteriore riscaldamento globale. Ciò sottolinea una semplice verità: il comportamento individuale da solo non basta. Abbiamo bisogno di cambiamenti strutturali fondamentali.