Una tecnologia costosissima, piena di trabocchetti legali ed etici, apertamente in violazione dell'attuale codice della strada, sta conquistando consensi. A pagamento. È l'apoteosi dello scontro tra old economy, rappresentata dai colossi di Detroit, e l'arrembante Sylicon Valley.

Fior di intellettuali e tecnocrati salutano il costoso gadget di Google, Uber e Tesla come la rivoluzione dei trasporti, mescolando in un orrendo minestrone mobilità elettrica, condivisione e guida autonoma.

Ormai non si torna indietro: troppi miliardi di dollari sono stati spesi per la pagliacciata tecnologica del decennio 2010, l'auto a guida autonoma. Iniziato come un capriccio per miliardari hi-tech, l'esperimento si è rivelato una vera voragine di denaro, a dimostrazione che i geni di Sylicon Valley tanto geni non sono.

Ma come sanno bene gli psicologi, che parlano di costi non recuperabili, più è alto l'investimento pregresso, meno probabile è la dismissione del progetto, per quanto forti possano essere i segnali di dissuasione.

Parliamoci chiaro: chi di noi, una ventina di anni fa, avrebbe messo tra le invenzioni future più desiderabili la vettura a guida autonoma? Nessuno ci aveva pensato, un po' perché la si considerava irrealizzabile, un po' perché oggettivamente non serve a nulla.

Non ti evita il traffico, non ti evita di passare ore in auto, di sentirti intrappolato dentro una scatola di latta. Forse (ma è molto improbabile, dipende dalle regole che saranno approvate per questo nuovo tipo di mobilità) ti permette di leggere il giornale mentre ti rechi al lavoro, ma per far questo sono sufficienti mezzi assai più vecchi tecnologicamente, come la metro o il treno.

Purtroppo i soldi spesi sono troppi, e allora è partita la macchina del consenso a suon di giornalisti fresconi (o peggio, prezzolati) disposti a farsi in quattro per pubblicizzare la sceneggiata della guida autonoma.

Per questo motivo, esce in questi giorni il libro "Autonomy: The Quest to Build the Driverless Car—And How It Will Reshape Our World," a cura di by Lawrence Burns (guarda caso, dipendente Google) e Christopher Shulgan. Traducendo il titolo in italiano (speriamo che a nessuno venga in mente di tradurre il libro intero), viene fuori qualcosa come "Autonomia: la ricerca per costruire l'auto senza conducente. Come rimodellerà il nostro mondo."

Dalla scheda diramata alla stampa, leggiamo: "Il modo in cui ci muoviamo sta cambiando. Per la prima volta in 130 anni, siamo nel mezzo di una grande trasformazione nel trasporto automobilistico." Una trasformazione, ovviamente positiva, all'insegna del rispetto dell'ambiente e della razionalità.

L'auto che si guida da sola avrebbe notevoli vantaggi ambientali. Come si riesce a sostenere una tesi tanto farlocca? Con lo strumento del minestrone: basta condire l'inutile auto autonoma con tecnologie assai meno costose e più impattanti a livello ambientale, e il gioco è fatto.

Per esempio, i veicoli elettrici e il car-sharing. Sono tecnologie che potrebbero fare volentieri a meno delle auto a guida autonoma, ed entrambe, pur non essendo un gran che, portano benefici a livello di emissioni di CO2 (anche se la questione è controversa per le auto elettriche, vedi Clima: auto elettrica peggio del diesel?), di inquinamento atmosferico (vedi Diesel: l'assassino silenzioso) e pure di ingombro delle città.

Mescolando sapientemente questi ingredienti con l'inutile guida autonoma si ottiene un mix di tecnologia, organizzazione e rispetto per il pianeta da far fremere schiere di ecofighetti.

Ecco che il contenuto del libro è bello pronto: si fa una critica ai motori a combustione interna: "In contrasto con i veicoli a propulsione umana a benzina, guidati dall'uomo che hanno dominato il secolo scorso, stiamo passando ai servizi di mobilità basati su veicoli elettrici e senza conducente, pagati per viaggio o tramite abbonamenti." Sembra che la colpa dell'inquinamento dei vecchi veicoli sia del fatto che richiedono un autista umano.

La delirante presentazione prosegue: "Presto, molti di noi non avranno più bisogno di possedere o guidare un'auto. Invece, faremo affidamento su servizi che utilizzano in modo sicuro e conveniente veicoli autonomi per portarci dove vogliamo andare. I fornitori gestiranno ogni aspetto delle nostre esperienze di trasporto, dal parcheggio del veicolo alla pulizia e manutenzione fino alla ricarica. I problemi legati alla proprietà delle auto saranno eliminati." Si sta parlando dell'organizzazione capillare del car-sharing, ma è mescolata con l'inutile guida autonoma, per non si sa quali benefici.

"Oggi," prosegue lo spot, "negli Stati Uniti 212 milioni di conducenti autorizzati possiedono 252 milioni di veicoli leggeri e percorrono 5 mila miliardi di km all'anno, bruciando oltre 180 miliardi di litri di carburante. Le emissioni di auto e camion ammontano a un quinto dei gas serra creati negli Stati Uniti. E la distanza che percorriamo in automobile sta crescendo, con il numero di miglia percorse dai veicoli in aumento di circa il 50 percento dal 1990 al 2016." [...] "Tuttavia, le automobili americane rimangono inutilizzate circa il 95% delle volte." Bene: in che modo la guida autonoma modificherà questa situazione?

Si arriva, in un crescendo di deliri, alla dichiarazione finale, che svela lo scopo politico del libro: "l'analista finanziario di Morgan Stanley Adam Jonas definisce l'automobile il bene più sottoutilizzato del mondo e l'industria automobilistica l'attività più disgregatrice del mondo." Ecco qua: Detroit (l'industria automotive) ha fatto il suo tempo, vi ha resi schiavi di un oggetto sostanzialmente inutile, ha inquinato il pianeta indebitando le future generazioni. Tutto questo deve essere fermato, e chi lo farà sarà Sylicon Valley (l'industria ITC e hi-tech).

Dalla padella di Ford, GM, Volkskwagen, FCA, alla brace di Google, Apple, Tesla, Uber.