A margine della probabile istituzione del super-ministero per la transizione ecologica, ci domandiamo: è stato merito del COVID? Qualunque sia la risposta, occorre cambiare completamente mentalità. Il sistema economico-industriale va rivoluzionato.
Sta suscitando molta emozione la rivelazione, da parte delle associazioni ambientaliste, che il governo Draghi istituirà il ministero della Transizione ecologica. Il nuovo dicastero dovrebbe interagire con altri ministeri, dallo Sviluppo economico all'Agricoltura, e alla sua guida gli ambientalisti si augurano una persona competente e di alto profilo.
Tre tra le principali associazioni ambientaliste italiane, Legambiente, Wwf e Greenpeace, sono state interpellate da Mario Draghi nel contesto delle consultazioni, dando maggior forza alla svolta green decisa in sede di commissione UE.
È piaciuta alle associazioni la dichiarazione di intenti con cui Draghi ha aperto l'incontro: "il governo dovrà essere europeista, atlantista e ambientalista." Il premier incaricato è noto per essere di poche parole, ma sembra aver toccato le corde giuste.
Questo probabile evento ci ha stimolato la domanda se sia stato il COVID a portare, tra i suoi pochi impatti positivi, anche la consapevolezza che è ora di cambiare approccio all'economia industriale del globo intero.
Prima di tutto, le misure di blocco applicate durante la pandemia hanno dato al pianeta un riposo tanto necessario, sia in termini di qualità dell'aria (vedi COVID: effetti scarsi sull'inquinamento) che di silenzio (vedi Silenzio). Ovviamente, l'attenzione si è naturalmente spostata sulla crisi sanitaria, ma abbiamo avuto tempo per riflettere su varie preoccupazioni ecologiche.
La prima e più ovvia svolta verde del COVID ci è stata suggerita dalle strade vuote. Tra marzo e maggio dello scorso anno la congestione del traffico è precipitata, e alcuni hanno stimato che il via-vai su strada del paese fosse sceso a livelli simili a quelli di 65 anni fa. Anche l'aria ne ha tratto giovamento, anche che in misura minore di quanto rilevato al momento.
Sebbene recenti rapporti suggeriscano che stiamo tornando ai livelli di traffico pre-blocco, i vantaggi della tregua degli ultimi mesi non dovrebbero passare inosservati. L'adozione di metodi di trasporto alternativi da parte di molti attraverso il lockdown è di buon auspicio, con molti che guardano ai trasporti pubblici, a piedi e in bicicletta per soddisfare le loro esigenze quotidiane di mobilità e fitness, una scelta che molti si spera manterranno mentre usciremo dalle condizioni di pandemia.
Gli effetti della pandemia sembrano anche aver portato a una riflessione collettiva verso la centralità dell'ambiente. Dopo aver visto in prima persona gli effetti ambientali positivi del confinamento, l'atteggiamento nei confronti dell'utilizzo di prodotti equi e di una vita più attenta all'ambiente si è indubbiamente intensificato. Fatto testimoniato da numerose ricerche in tutta Europa.
Per contro, dobbiamo registrare un incremento della produzione di plastica usa-e-getta dovuta all'invasione delle mascherine e degli altri presidi sanitari. Anche il ritorno al carbone di molte utility energetiche, e il disinteresse nei confronti della deforestazione, tutti avvenimenti causati dal COVID, destano parecchi crucci tra gli ambientalisti (vedi Il COVID è nemico dell'ambiente).
Inoltre, è abbastanza chiaro che ci sarà una reazione uguale e contraria non appena si parlerà di ritorno alla normalità. Per quanto riguarda le auto, sembra scritto che le cose torneranno alla normalità pre-COVID, e in parte questo è già avvenuto in piena seconda fase della pandemia. Tuttavia, l'esposizione a metodi di trasporto alternativi per molti viaggiatori può incoraggiare una parte significativa di cambi permanenti nello stile di vita.
Questi avvenimenti, dunque, hanno cambiato e stanno cambiando le nostre vite nel giro di pochi mesi. E ci hanno lasciato la convinzione della necessità di un cambiamento ideologico. "L’ecologia non può essere più considerata una branca della biologia, materia di studio e di ricerca, un tema di discussione," dice Cristina Cometti, medico e ambientalista. "Deve diventare la forma del pensiero e questo è un inesorabile cambiamento di paradigma. Siamo una civiltà che deve cambiare rotta perché la logica estrattiva e dominatrice perseguita per millenni non è più funzionale all’unica imprescindibile istanza del vivente, umano, non umano, geologico: conservare la vita e lanciarla oltre di sé."
"In quest'ottica, anche il termine transizione ci sta stretto," continua Cometti. Lo sopportiamo, perché tremendamente di moda, ma speriamo che l'incaricata/o di Draghi sappia andare oltre i limiti di questa parola modesta e abusata.